Le rivolte nelle carceri da Nord a Sud contro il decreto sul coronavirus che vieta le visite dei parenti dei detenuti sta mettendo in ginocchio il sistema. Tanto che alcune correnti della magistratura stanno pensando a una sorta di amnistia. Riccardo De Vito, magistrato di sorveglianza e presidente di Magistratura democratica, ha detto che ci potrebbero essere “misure di applicazione più immediata” per arginare il problema dell’emergenza sanitaria. “Fermo restando l’esclusione dei reati più gravi e ferme le garanzie per le persone offese”, spiega De Vito, si può pensare alla “detenzione domiciliare fino a 2 anni, dopo aver accertato l’idoneità del domicilio“, oppure “al differimento della pena in forma di detenzione domiciliare per il periodo di emergenza per chi ha una pena residua di 2 o 3 anni”, ed eventualmente anche “alla liberazione anticipata speciale”. In questo modo, si diminuirebbe la densità della popolazione carceraria.
La pensa così anche la Giunta dell’Unione Camere penali e dell’Osservatorio carcere, secondo quanto riporta Il Giornale. “L’amnistia e soprattutto l’indulto sono le strade da seguire“, scrive in una nota. “Occorre immediatamente rafforzare il personale dei tribunali di sorveglianza magari con i magistrati che in questo periodo non terranno udienze, per verificare quanti detenuti (e non sono pochi) hanno diritto ad avere gli arresti domiciliari ovvero la misura (pena) alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale, anche aumentando, con decreto legge, il tetto della pena da scontare per accedere al beneficio“.
Di parere opposto Matteo Salvini che è pronto a chiedere un commissario straordinario per l’emergenza carceri. Per il leader della Lega innanzitutto “serve tutelare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria. La soluzione per placare le rivolte è il pugno duro per chi non rispetta le regole, non certo il regalo dei domiciliari per i detenuti a fine pena come sostenuto dal Pd”. www.liberoquotidiano.it