Dicono di abbassare le tasse e invece la alzano. E ora i giallorossi hanno pensato bene – se la sono studiata finemente – di tassarci (pure) i pc e gli smartphone. Per trovare un centinaio e rotti di milioni di euro per finanziare la Siae, l’ente pubblico preposto alla protezione e all’esercizio dell’intermediazione del diritto d’autore in Italia. Un’altra stangata di questo governo delle tasse. Un “salasso digitale” fortemente voluto da Dario Franceschini, ministro della Cultura del Partito Democratico. Il titolare del Mibact, infatti, ha alzato – del 20%, non bruscolini – le imposte su computer e cellulari.
Come scrive Maurizo Belpietro sulla “sua” Verità, con questo tributo l’esecutivo mira a mettere insieme 120 milioni di euro per girarli poi alla Società Italiana degli Autori ed Editori. E così, dopo aver messo nel mirino il settore degli affitti brevi con Airbnb, ora i giallorossi mettono nei guai uno dei pochi comparti floridi del Belpaese, vista l’espansione delle attività digitali in Italia.
Nuovo colpo di “genio” (del male). Tassare il mondo digitale. Franceschini e il suo staff hanno individuato nei computer (fissi e portatili), negli smartphone, negli smart-watch e anche nei braccialetti che contano i passi il nuovo nemico da colpire. E da tassare. Per far quadrare i conti della Saie.
Il direttore del quotidiano scrive: “In soldoni, significa che quando si comprerà un telefonino, in base alla dimensione della memoria del dispositivo si pagherà di più: sopra i 32 giga si passerà da 5,2 a 6,9 euro. Mentre chi prenderà uno smart watch (finora esente dalla tassa Siae) dovrà versare tra i 2,2 fino ai 5,6 euro”. Detto così sembrano due spiccioli, ma su larga scala si parla di centinaia di milioni di euro. Di tasse in più. D’altronde ai giallorossi, si sa, piace la (de)crescita (in)felice…