Bologna, 25 gennaio 2020 – Quel selfie con “Matteo”, come ama definirlo lui, gli è costato il posto di lavoro. Lui è Cristian Lanzi, 47 primavere, una moglie e tre figli, dipendente a tempo indeterminato di una società romana, ma soprattutto “noto Rsa” della Cgil da sei anni. E che, a dispetto di ciò, vota Lega. “E non sono il solo del sindacato”, ribadisce subito. La vicenda è riportata da ilrestodelcarlino.it
Il motivo del licenziamento? Lo scrive l’azienda nella lettera che gli ha consegnato a mano tre giorni fa: “Era personalmente alla visita del segretario della Lega a Minerbio, benché fosse in malattia dal 2 ottobre”. Non solo. Quella foto sorridente avrebbe “indispettito, non poco, anche i suoi colleghi di lavoro, soprattutto in considerazione della sua carica di Rsa”. Licenziamento “nullo quanto inammissibile – spiegano i suoi avvocati, Francesco Alleva, Ugo Lenzi e Gabriele Cazzara –, intimato per ragione di credo politico e dall’appartenenza ad un sindacato”. Atto che è già stato impugnato. Ma andiamo per ordine.
Lanzi da Granarolo, dove vive con la famiglia, da settembre 2010 è assunto a titolo indeterminato alla Schenker, multinazionale della logistica che opera, tra l’altro, a Bentivoglio. “Committente – spiega lui – della società A3S con sede a Roma”. Il suo ruolo è quello di carrellista per la movimentazione merci. Dal 2 ottobre è in malattia con prognosi al 6 dicembre per una patologia, “certificata e documentata dal medico generico, dalla specialista dell’Ausl e confermata dai farmaci somministrati”. E per la quale, spiega, “è vivamente raccomandato dagli stessi curanti di uscire di casa fuori dalle fasce di reperibilità”.
Il ‘fattaccio’ avviene il 18 novembre. “Leggo su Facebook – riprende lui – che c’è Salvini a Minerbio alle 15 e così decido di farmi un giro fuori dagli orari di reperibilità”.
Quel giorno piove e ad attendere il leader del Carroccio, in visita alla Coprob, c’è comunque un bel numero di persone. “Esce Matteo – riattacca Lanzi – e ci chiama: ‘ho 10 minuti tutti per voi, chi vuole scattarsi una foto eccomi a disposizione’. E così sono andato”. Istanti che vengono ripresi da una tv locale e la faccia del 47enne verrà vista anche dai suoi datori di lavori che il 25 novembre, con tanto di lettera, gli comunicano formalmente la contestazione disciplinare. Cioè, la sua presenza, “apparentemente in buona salute” e “documentata da immagini e video”, a farsi “fotografare con Salvini”, benché “fosse in malattia”. Quella lettera, però, Lanzi giura di non averla mai vista. Anche perché “avrei risposto immediatamente e spiegato le motivazioni con certificati e portando pure i medici”. Ma per la sua azienda “il dipendente non ha fornito giustificazioni”. Così ecco le bordate: “Quanto le è stato contestato, costituisce grave infrazione alla disciplina inerente al rapporto di lavoro, rappresentando una violazione dei doveri di fedeltà, buona fede e correttezza”. Il selfie con Salvini, sottolineano i suoi avvocati, “è delle 16.10, fuori dall’orario di reperibilità che, come noto, per i dipendenti privati al pomeriggio va dalle 17 alle 19”. La battaglia trasloca in tribunale.
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