Genitori di Renzi condannati per false fatture, le motivazioni del giudice: “prove univoche e precise”. “Deve ritenersi comprovata l’inesistenza oggettiva delle due fatture emesse dalle società Party ed Eventi6, sulla base di molteplici e convergenti elementi. Anzitutto (…) il mancato rinvenimento di qualsiasi documentazione comprovante l’esistenza delle prestazioni indicate nei documenti fiscali, a partire dall’incarico che sarebbe stato conferito dalla società (…) all’epoca amministrata e legalmente rappresentata dal Dagostino, per finire agli elaborati che avrebbero costituito l’esecuzione dello stesso”. E’ quanto scrive il giudice Fabio Gugliotta, motivando la condanna per false fatturazioni emessa esattamente tre mesi fa nei confronti di Tiziano Renzi e Laura Bovoli, genitori dell’ex premier Matteo Renzi, e dell’imprenditore ‘re degli outlet’ Luigi Dagostino, condannato anche per truffa. La sentenza è stata depositata stamane in cancelleria al tribunale di Firenze.
“Appare davvero strano che prestazioni di natura intellettuale di notevole valore, comportanti uno studio e un’applicazione di particolare rilevanza, come (…) sostenuto dallo stesso imputato Tiziano Renzi nelle sue dichiarazioni difensive, non abbiano avuto una preventiva regolamentazione disciplinante le modalità con le quali le stesse avrebbero dovuto essere rese, tra le quali il prezzo, il tempo per l’esecuzione, il piano particolareggiato per l’attuazione delle idee innovative propugnate” sostiene il giudice nelle 64 pagine in cui spiega perché, a suo giudizio, le operazioni fatturate dai Renzi all’imprenditore di origini pugliesi (140.000 euro) per alcuni studi di fattibilità relativi a una serie di servizi da realizzarsi in un outlet, siano del tutto fittizie.
“Nulla è stato rinvenuto nelle perquisizioni effettuate (…) presso la sede della società eminenti (Party ed Eventi6, ndr), nulla è stato rinvenuto presso la sede della società di Dagostino, (…) nulla è stato mai trovato da coloro che sono stati, successivamente, chiamati a operare la revisione contabile e amministrativa della stessa società. (…) Eppure, la regola fondamentale nel settore di riferimento è sempre stata quella della formalizzazione degli incarichi, come pure dichiarato da uno dei testi della difesa, il fratello di Laura Bovoli” prosegue il giudice.
“La fragilità e la clamorosa contraddittorietà della posizione difensiva si evidenzia poi in modo emblematico (…) dalla documentazione concernente le due fatture e la corrispondenza informatica relativa alla loro trasmissione. Si ricava, infatti, dall’esame delle tre diverse versioni della fattura n. 202/2015 emessa dalla Eventi6, non solo un’incertezza davvero sorprendente sul valore della presunta prestazione di consulenza, lievitato inspiegabilmente, nel giro di pochi giorni, di 40.000 euro, ma anche l’indicazione dell’esistenza di un incarico specifico, conferito in una determinata data, e di un altrettanto specifico momento di consegna dell’elaborato costituente l’oggetto della prestazione, avvenuto nelle mani di un fantomatico incaricato della società committente, la cui identità non è mai stata nemmeno allegata da parte dei due imputati” sottolinea poi Gugliotta.
“Altra anomalia – spiega il giudice – è rappresentata dall’identità della prestazione fatturata da Eventi6 e Party, secondo la descrizione contenuta nei relativi documenti fiscali; non si comprende, sul piano della logica, l’utilità di richiedere una stessa prestazione a due diverse società, tra loro collegate dal punto di vista soggettivo; non si comprende il motivo della elevata differenza del valore delle due analoghe relazioni “fantasma” e perché, riguardo alla Party, ciò sia stato richiesto a una società che nell’anno 2015 era sostanzialmente inattiva, come dimostrato dal fatto che fino al mese di giugno non aveva emesso alcuna fattura e che quella contestata sia stata l’unica prestazione (o presunta tale) eseguita nella predetta annualità”.
“Per non parlare del contenuto della relazione che, secondo la prospettazione difensiva e le dichiarazioni di tutti gli imputati, costituirebbe l’oggetto della prestazione di maggior rilevanza economica, il frutto, per dirla con le parole indignate di Tiziano Renzi, del “lavoro di mesi”, una vera e propria opera dell’ingegno; si tratta di uno scritto di due pagine e mezza, contenente affermazioni di principio banali e del tutto generiche, espressioni tautologiche prive di un effettivo valore innovativo e creativo, tali da giustificare la convinzione di un documento predisposto, frettolosamente ed in modo maldestro, per dare l’impressione di una effettiva esistenza di uno “studio di fattibilità” in realtà inesistente; a cui, peraltro, erano allegate delle tavole planimetriche evidentemente copiate da un precedente elaborato (…), senza nemmeno l’accortezza di cancellare la stampigliatura attestante la paternità degli elaborati – chiosa Gugliotta – Non si tratta, in effetti, di un elaborato oggetto di sopravvalutazione, quindi pagato per un valore superiore a quello reale, come pur sostenuto da Dagostino, (…) bensì di un documento creato ad arte e che non può affatto assurgere al rango di uno studio di fattibilità; il fatto che lo stesso sia stato “valutato” dapprima 100.000 euro e poi 140.000 euro, rende evidente come sia stata posta in essere una vera e propria messa in scena al fine di giustificare una disposizione patrimoniale avente altri fini”.
In conclusione, secondo il giudice del primo grado, “il contributo ricavabile dalle conversazioni e comunicazioni telefoniche ed ambientali appare ampiamente dimostrativo della fittizietà delle operazioni fatturate (…) e l”emissione delle due fatture contestate appare certamente riconducibile alla Bovoli e al Renzi; alla prima anche in forza della qualità soggettiva dalla stessa ricoperta, ricavabile dalle visure camerali acquisite e, comunque, non contestata in alcun modo; al secondo in ragione degli accertati consolidati rapporti con il Dagostino, con il quale concordava, di fatto, l’intera operazione, agendo formalmente nella qualità di agente mandatario della Eventi6, nella sostanza quale amministratore di fatto delle due compagini, sviluppando i rapporti con l’apparente committente nell’intero periodo precedente alla predisposizione dei documenti, come ampiamente dimostrato dai contatti intercorsi, nonché dalle modalità di trasmissione della documentazione”.