Carlo Nordio non ha dubbi: “Se la Giunta dirà di sì al processo contro Matteo Salvini sul caso Gregoretti, sarà una decisione puramente politica”. Qui – per l’ex procuratore aggiunto di Venezia – il diritto c’entra poco o nulla. Il 20 gennaio, infatti, il Senato sarà chiamato a decidere sulla richiesta di autorizzazione a procedere contro l’ex ministro, accusato di “sequestro di persona” e “abuso di ufficio”. Il tutto per aver negato lo sbarco dei migranti a bordo della nostra Guardia Costiera. Un caso per cui, secondo la Procura, l’ipotesi di reato non esiste proprio. Ed ecco che casca l’asino.
“C’è un caso analogo con la Gregoretti, quello della Diciotti. Allora però vi fu una presa di posizione collegiale del governo, che ora formalmente manca, anche se è una differenza più di forma che di sostanza – prosegue Nordio -, perché la decisione di Salvini era nota a tutti, e tutti ne parlavano con commenti più o meno favorevoli o ostili. Ora, poiché il governo sapeva, sorge una domanda interessante dal punto di vista giuridico”. Ma Conte poteva fermare Salvini nel caso in cui fosse contrario alla sua presa di posizione? La risposta è più complicata del previsto e l’ex magistrato preferisce affidarsi alla Giustizia.
Una cosa è certa: “Se Salvini andasse a processo si verificherebbe una situazione paradossale, che il pubblico ministero, che ha già sostenuto che il reato non c’è, dovrebbe chiedere subito il proscioglimento dell’imputato. A quel punto potrebbe sorgere, tra le tante altre, anche la questione che ho menzionato prima, sul ruolo di Conte e del governo, con il rischio dell’estensione dell’indagine anche in quella direzione“.