“I morti sono tutti uguali. Non togliamo le corone a nessuno”. Queste le parole di Liliana Segre raccolte da una giornalista che le chiedeva conto dell’appello di Anpi al sindaco di Rapallo (Genova), Carlo Bagnasco, di non omaggiare più i militi della Rsi con una corona d’alloro.
“Quello con Rapallo è un legame molto antico. Rapallo fa parte della mia vita”, ha raccontato la senatrice. A Rapallo, infatti, risiede il figlio Alberto Belli Paci, che vive con la sua famiglia nella casa che il nonno della senatrice – come scrive Levante News – aveva acquistato nel 1937. È anche per questo motivo che, a fine dicembre, il Comune rapallese ha deciso all’unanimità di conferirle la cittadinanza onoraria. Riconoscimento di cui la senatrice si è detta molto lusingata.
Nel suo post, il sindaco di Rapallo ha parlato della “lotta contro ogni forma di odio” che ha visto protagonista la senatrice. Ed è proprio l’odio a muovere, come accade (troppo) spesso, le truppe di Anpi. Lo scorso 29 dicembre, su Facebook, la sezione partigiana di Santa Margherita Ligure – Portofino aveva espresso soddisfazione per la cittadinanza onoraria concessa dal Comune di Rapallo alla senatrice a vita, definendola però “una decisione che si pone in controtendenza alla campagna d’odio di cui la signora Segre è stata ancora una volta vittima”. Anpi, nell’occasione, lamentava “lo squallido gesto della giunta rapallese di omaggiare, ogni 4 novembre, coloro che ne furono i carnefici”.
Gesto che i partigiani chiedevano di interrompere. Confidando magari nell’endorsement della senatrice. Che però non è arrivato. Anzi, Segre ha espresso un parere diametralmente opposto. Combattendo l’ennesima battaglia contro “ogni forma di odio”. In nome di una pacificazione nazionale che purtroppo, a distanza di 75 anni, è ancora di là da venire.