RABAT, 03 DIC – “Qualsiasi modifica del codice penale sul tema dell’aborto dovrà seguire la legge islamica”. La risposta del Consiglio degli Ulema, massima autorità in tema di diritto religioso musulmano alla società che cerca di aprirsi alle “libertà”, non si è fatta attendere.
Mentre in Marocco si discute sull’aggiornamento del corpus di leggi che governa il sistema Giustizia, i custodi della ‘Ijtihad’, la legge islamica, alzano il muro. Il caso della giornalista Hajar Raissouni, condannata a un anno di reclusione per aborto e poi graziata dal Re, ha aperto un dibattito molto seguito, a partire da settembre. Come istituzione con ruolo consultivo, il concilio di religiosi ha però chiuso di fatto ogni possibile discussione.
Alla fine, toccherà al Parlamento legiferare, ma questa riaffermazione del principio religioso può condizionare la riscrittura degli articoli 449 e 458 del codice penale che criminalizzano l’aborto, fatta eccezione per i casi in cui la gestante è in pericolo di vita.
Ong marocchine e internazionali, professori di diritto e studiosi del mondo islamico fanno pressing perché i codici siano almeno allineati a valori e principi difesi dalla Carta costituzionale che risale al 2011 ed ha una struttura moderna. Il re del Marocco, che pretende di discendere dal profeta Maometto, presiede il Consiglio degli Oulema. (ANSAmed)