A sorpresa, è arrivato dalla Libia il 9 ottobre in Italia via canale diplomatico. Il presidente libico Al Serraj ha firmato un codice di condotta per le Ong. Di sicuro, il codice di Serraj per le Ong è severo. Molto più di quello italiano. Lo riporta ilsole24ore.com
Obbligo di registrazione e di autorizzazione
Le regole del governo libico non ammettono equivoci. Il coordinamento delle operazioni Sar (search and rescue, ricerca e soccorso) nelle acque libiche diventa di «responsabilità esclusiva» del centro di coordinamento, in gergo Mrcc (maritime rescue coordination center), la centrale operativa di Tripoli. Le organizzazioni interessate a svolgere missioni di soccorso «devono registrarsi» con le autorità dello stato nordafricano.
Necessario informare in via preventiva
Gli interventi di salvataggio, secondo il codice di Serraj, vanno resi noti in via preventiva alla Mrcc. Non basta: è obbligatoria la richiesta di autorizzazione all’ingresso in acque territoriali libiche. Ma il regolamento stabilisce anche «il diritto» degli operatori libici a salire a bordo delle imbarcazioni «per motivi di ordine legale o inerenti alla sicurezza». I paletti, dunque, sono molti. Nè consentono deroghe o scappatoie.
Sequestro in caso di violazioni
Il testo all’articolo 12 vieta la possibilità per le Ong di portare i migranti soccorsi in Libia «salvo casi eccezionali e di emergenza, e comunque in numero limitato». Mentre all’articolo 16 stabilisce il diritto delle autorità di Tripoli di intercettare le unità navali che violano il codice e i regolamenti locali e di portarle nel porto libico più vicino. Uno scenario rischioso. Le Ong finora hanno rifiutato quasi sempre il coordinamento dei soccorsi da parte della Libia. Quest’ultima con il nuovo codice non esiterà a intervenire. Anche con la forza, come già avvenuto più volte. Non a caso, tra alcuni tecnici ministeriali italiani, si parla di «potenziale criticità» del codice di Serraj.