di Marcello Veneziani – – Non so come finirà la crisi al buio che si è profilata dopo le elezioni europee. Ma una cosa sento di dirla sopra tutte e a prescindere da qualunque cosa accadrà: è bene che quest’anno “bellissimo”, come lo annunciò il premier Conte, sia l’anno in cui i grillini usciranno dal governo e non metteranno più piede nei luoghi di comando e di alta rappresentanza dell’Italia. All’opposizione ci possono pur stare, perché a protestare possono pure avere un loro residuo senso. Ma è necessaria una diffida politica, elettorale, popolare perché non osino più avvicinarsi alle istituzioni e alla guida del Paese. Perché sporcano, infangano, discreditano lo Stato, le Istituzioni, la storia, la cultura, i simboli della nostra Patria e insieme bloccano, frenano, deprimono la vita e le opere di questo Paese. Con l’aggravante che tutelano, col loro pauperismo straccione, solo l’Italia parassita, fancazzista e rancorosa o nella migliore delle ipotesi, l’Italia più misera e plebea, con sussidi puramente assistenziali. Salvo allinearsi agli europotentanti e a tutti gli altri partiti dell’establishment per eleggere la presidente della commissione europea.
La logica bestiale dell’uno vale uno, la finzione della democrazia diretta, la negazione assoluta di ogni merito, capacità, titolo di studio, esperienza e curriculum, sono il colpo di grazia per un paese già disabituato alla meritocrazia, poco incline a rispettare lo stesso dettame costituzionale sui “capaci e meritevoli”. E poi è vistosa la loro incapacità di capire le priorità reali dell’Italia e l’effettiva condizione del nostro paese; la loro ignoranza è enciclopedica, universale e militante; vistosa l’incapacità di capire e fronteggiare le situazioni di bilancio, annunciando di voler compensare con ridicoli risparmi (che però assecondano la furia punitiva verso qualche categoria vera o presunta di privilegiati) spaventosi buchi miliardari…
E per finire, il loro radicalismo antisistema diventa conformismo piatto e fesso rispetto al politically correct, imitazione tardiva e analfabeta della sinistra, un sessantottismo con mezzo secolo di ritardo. E poi sono allineati in funzione antisalvini a tutta la trafila di pregiudizi sinistresi: l’antifascismo, il trans-femminismo, l’omolatria e l’lgbt, la libera droga, l’indulgenza verso la delinquenza, le porte aperte ai migranti, l’elogio dei rom… E si potrebbe continuare. Il peggio del peggio della sinistra, la sua versione grezza e ignorante, oltreché tardiva e kitsch, senza neanche la tensione ideale e la consapevolezza ideologica.
Non si può più aspettare, game is over, il tempo è scaduto, è necessario che i grillini spariscano dal governo in fretta e non vi mettano più piede. E se qualcuno dopo averli visti all’opera al governo, osa ancora pensare che possano essere alleati di governo dovrebbe meritare una punizione elettorale di pari grado. Lo dico a chi a sinistra s’illude sotto-sotto di poter stringere un patto coi grillini e sostituirsi ai leghisti nello sciagurato contratto.
Ma il paradosso dei paradossi, che indica poi la malafede dei mass media, dell’istituzioni, di molte forze politiche, è riversare tutta la situazione di crisi, di stallo, di ingovernabilità del paese, sull’alleato Salvini. Gli si attribuisce di tutto, dalla deriva nazista all’impennata dello spread, alla paralisi del paese. Quando pure un bambino sa chi tra i due alleati non vuole cantieri né opere pubbliche per paura dei ladri; non vuole riforme per sbloccare lo stallo ma solo soldi da spendere per scopi assistenziali; non vuole alleggerire il fisco per rilanciare l’economia del nostro paese; non ha un’idea neanche vaga di cosa sia amministrare e non conosce l’abc più elementare della sicurezza, dell’ordine, dell’efficacia e dell’efficienza.
Allo stato nascente il movimento 5 stelle portava una ventata d’aria fresca nel Palazzo, si poneva contro i poteri forti europei e transnazionali ed era guidato da un guitto di talento come Beppe Grillo. Poteva avere una funzione di rottura, segnare una discontinuità col precedente. E ogni critica alla loro inadeguatezza e ignoranza veniva compensata in partenza dal ragionamento speculare: se gli esperti, gli adeguati, i competenti ci hanno portato in questa situazione, a questo punto è meglio provare coi nuovi, coi marziani piuttosto. Ma ora che li abbiamo sperimentati più di un anno al governo, alla guida delle istituzioni, dobbiamo riconoscere che sono stati il punto più basso della politica in Italia, persino peggiore dei corrotti e dei ladri del passato, persino peggio dei marpioni moderati e dei faziosi sinistrorsi. E oggi il loro fallimento rischia di legittimare tutta la politica pregressa.
Peraltro, i grillini non vengono da alcuna passione ideale ma solo da rabbia e protesta, non hanno idee neppur vaghe, non hanno una linea e un orientamento; non sono al di là della destra e della sinistra, come dicono, ma al di qua, al di sotto, in quel magma indefinito che abbiamo troppo generosamente battezzato populismo. Ma neanche di populismo si tratta, perché la struttura è verticistica e settaria, da Grillology, con sistemi di consultazione controllati dall’alto e veicolati dalla dirigenza, e con finte prove di sovranità popolare che riguardano sempre poche migliaia di adepti. Per loro non esiste il giusto e l’ingiusto, il vero e il falso, il bene e il male ma lo decreta la rete, orchestrata dalla Casaleggio & Associati, e poi interpretata. E per rete s’intende sempre un campione perfino meno attendibile degli exit poll…
Abbiamo avversato le elezioni anticipate, temendo che sarebbero state l’occasione per restituire l’Italia ai potentati di sempre, magari tramite un governo tecnico o comunque un interregno che servisse a sbollire il consenso a Salvini e permettere a Mattarella di rilanciare il suo partito di riferimento, il Pd. Ma giunti a questo punto non c’è rischio all’orizzonte che non valga di correre rispetto alla certezza di averli visti all’opera al governo. Il Nulla assoluto e la negazione di ogni senso della realtà, dell’Italia, delle urgenze, della storia. Cacciamoli a furor di popolo, non c’è altro tempo da perdere.