“Da quando ieri sera il Ministro dell’interno ha rilanciato il mio post su Facebook, in pochissime ore più di 340 mila persone lo hanno letto e sono raggiunto da messaggi il cui tenore si può facilmente immaginare e di cui vedete qui sotto qualche esempio”. Inizia così, con il riferimento ai tanti post di insulti al suo indirizzo, il lungo post di Ivan Scalfarotto, che ha deciso di chiarire le ragioni dell’ispezione a Regina Coeli dove si trovano i due fermati per l’omicidio del vice brigadiere Mario Cerciello Rega. Gesto, quello del deputato, che ha sollevato non poche polemiche, a partire dal ministro Salvini e passando per Carlo Calenda.
“Devo dire al Ministro e ai suoi comunicatori – continua Scalfarotto – che la politica dell’intimidazione non funziona con tutti e che, per quanto mi riguarda, fatta una scelta sono disponibile a discuterla nel merito, anche a cambiare idea, ma certo non a rinnegarla per paura di attacchi organizzati di questo tipo. Detto questo, ritorno volentieri su quanto riportava “La Stampa” di ieri sulla mia ispezione (non “visita”: ispezione) a Regina Coeli. Un’ispezione uguale a quella che ogni parlamentare ha diritto, e secondo me dovere, di compiere in tutte le carceri italiane, anche senza preavviso, perché è previsto dalle nostre leggi che i rappresentanti del popolo verifichino le condizioni in cui lo Stato tratta anche i criminali più efferati“.
Per l’onorevole dem, “la differenza tra la barbarie e la civiltà sta infatti in un principio che risale al 1200. Si chiama “habeas corpus” e indica che nessuna persona che si trova nella custodia dello Stato può essere punita in alcun modo se non in forza di un giudizio legale. È un principio che in Italia abbiamo custodito gelosamente ed che è profondamente parte della nostra cultura: “Siamo il Paese di Cesare Beccaria”, sentiamo spesso dire.
È un principio – continua – che in questi mesi la maggioranza di governo ha indebolito inesorabilmente: promuovendo con grande successo l’idea che esseri umani possano essere lasciati a rischio di annegare in mare senza soccorso o siano abbandonati per settimane a bruciare al sole sul ponte di una nave. O rilanciando e plaudendo via Twitter a una foto certo non all’altezza del nostro paese: quella di un prigioniero, accusato di un gravissimo crimine, ammanettato e bendato. Una foto che purtroppo ha fatto il giro del mondo”.