(Giacomo Amadori – la Verità) – Ancora un rinvio, ma non bisognerà attendere molto per conoscere l’ esito del procedimento disciplinare a carico di Luca Palamara, il pm di Roma indagato a Perugia per corruzione. Il «tribunale delle toghe» del Csm si è infatti riservato sulla sospensione dalle funzioni e dallo stipendio avanzata dal procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, indagato a sua volta per rivelazione di segreto proprio a favore di Palamara.
All’ esito dell’ udienza di ieri, durata tre ore, sono stati però sciolti i dubbi riguardanti la composizione della stessa sezione disciplinare. Il collegio ha infatti respinto le richieste di ricusazione, avanzate dalla difesa di Palamara, nei confronti dei consiglieri Piercamillo Davigo e Sebastiano Ardita per potenziali motivi di opportunità, emersi anche dalle intercettazioni con il virus trojan. Nel primo caso, l’ istanza è stata presentata in ritardo. Nel secondo, invece, i giudici hanno ritenuto che mancasse un «riscontro idoneo ad attestare l’ esistenza di qualche interesse proprio del consigliere Ardita relativo al procedimento cautelare pendente nei confronti di Palamara».
«Non ho mai svenduto le mie funzioni di magistrato», ha ribadito l’ ex presidente dell’ Anm a Palazzo dei Marescialli. Dalla sede del Consiglio superiore della magistratura non filtrano date, ma l’ orientamento è che si «deciderà in tempi brevi» sul destino dell’ ex presidente dell’ Anm.
Se fosse sospeso dallo stipendio, Palamara potrà comunque contare su un «assegno alimentare» che va da 1/3 a 2/3 della retribuzione in base al grado di carriera raggiunto.
Ma se Palamara respinge le accuse di corruzione, restano aperte le indagini anche per le fughe di notizie a suo favore. Nelle carte depositate c’ è anche un’ interessante conversazione tra Palamara e Maria Vittoria Caprara. Al momento dell’ intercettazione la donna era magistrato segretario del Csm e il 3 luglio il plenum del Csm l’ ha ricollocata nel suo ruolo di giudice a Velletri. Palamara la incontra il 16 maggio dopo aver appreso dal consigliere Luigi Spina alcuni particolari sull’ informativa arrivata al Csm da Perugia.
Palamara è combattivo: «Io so talmente tante cose che faccio cascare tutti là». Quindi si chiede prudenza: «Mi raccomando nemmeno a Pierpaolo». La magistrata non dovrà condividere gli argomenti sensibili di cui stanno discutendo nemmeno con il compagno, un noto avvocato. «Io a Pierpaolo non dico proprio niente» è la replica.
Facendo riferimento alle carte arrivate da Perugia Palamara ribadisce: «Mi raccomando non te ne uscire con nessuno al mo lo sai solo tu () o sennò è la fine ce ne andiamo in galera proprio con nessuno nessuno». Caprara: «E che c’ è scritto?». Palamara: «Come che c’ è scritto?». Caprara: «Quella storia?». Palamara: «Certo! Che gira da un anno e loro (incomprensibile) l’ iscrizione oggi».
Caprara: «Non abbatterti».
Palamara: «Mai sono ancora più forte capito?». I due stanno per congedarsi e Palamara si sfoga: «Sono venuto per te a ciccia tu sei ormai sei parte di me eh? Capito? Volevo condividere questa cosa però basta non voglio l’ importante tu mi mandi (inc.) nel segreto della tomba se qualcuno fa qualche commento ma tu hai capito che vigliaccata è o no? Ti rendi conto, sì?». La donna definisce i presunti nemici di Palamara «pezzi di merda». E il pm rincara la dose: «Sono dei banditi, cioè gente che deve andare in galera».
Però nei suoi interrogatori Palamara ha negato che fosse stato Spina a riferirgli le notizie sensibili per cui temeva di rischiare la «galera».
Allora gli inquirenti gli hanno domandato perché sostenesse di essere sotto «ricatto»: «Perché si parlava da mesi di questa indagine, già quando gli accertamenti erano fatti a Roma. () Io ho saputo della mia iscrizione a modello 21 da Giovanni Bianconi, il noto giornalista, il giorno prima della conversazione con Spina. Bianconi venne nella mia stanza e si parlava della nomina del procuratore di Roma, chiedendomi quale fosse l’ orientamento di Unicost. () Bianconi mi disse che era arrivata l’ iscrizione da Perugia al Csm. Poi mi sono visto con Spina e abbiamo parlato di questa cosa, ma non come segreto perché era un fatto noto, egli mi rivela una notizia di cui eravamo tutti ampiamente a conoscenza, anche i temi dell’ informativa».
In realtà negli atti inviati al Csm gli inquirenti perugini non hanno trasmesso nessuna intercettazione con Bianconi risalente al 15 maggio, bensì una del 21 maggio con un «Giovanni non meglio indentificato» che in effetti disquisisce con Palamara di nomine. In particolare parlano della riunione della quinta commissione che dovrà indicare il candidato in pectore per la poltrona di procuratore. Palamara: «Che dici Giova’? Eh eh». Giovanni: «Sto a cerca’ de capi’, tu sai che hanno deciso stamattina?». I due discutono degli schieramenti delle varie correnti. Poi il discorso passa all’ indagine. Giovanni: «Ma invece io ho sentito che è arrivata roba da Perugia. Ti risulta? Al Csm?».
Ovviamente la notizia è vera e il Corriere della Sera inizierà a scriverne dettagliatamente a partire dal 29 maggio. Palamara risponde: «A Giova’ speriamo che devo di’? Cioè almeno pe’ capi’ pure (ride)». E qui sembra fare riferimento a una precedente conversazione sull’ argomento: «() Vorrei pure capire di che si tratta no? Come ti dicevo l’ altra volta () quando io ti dicevo tu mi dici se pro fammete parla’ da amico e tutto quanto cioè me preoccupo a) se ho fatto qualcosa b) se arriva cioè quando deve arriva’ () cioè sicuro che io poi non c’ ho le cose per dimostra’ che sto apposto quello che ho fatto?».
Giovanni: «Ma io De Ficchy (Luigi, all’ epoca procuratore di Perugia, ndr) i giochi che fa De Ficchy». Palamara: «No io non lo so De Ficchy io non so De Ficchy che fa De Ficchy io non parlo di nessuno». Palamara si interroga sul perché tutto sia «concentrato» su di lui, adesso che è candidato a fare il procuratore aggiunto di Roma. Giovanni ipotizza: «Perché hanno paura». Palamara: «Perché temono che io vengo qui e faccio casino?».
Giovanni: «Ma no senz’ altro che fai parte del pacchetto». Palamara: «Ermini».
Giovanni: «E certo del pacchetto Ermini». L’ alleanza che ha consentito di eleggere il vicepresidente del Csm e che in quel momento stava facendo nominare procuratore di Roma Marcello Viola.
Un piano andato in fumo insieme con i sogni di carriera di Palamara.