«Signor Lay lei è in stato di fermo per violenza sessuale» ha detto il pm, spiegandogli che la situazione era seria, e che non sarebbe uscito dagli uffici della questura da uomo libero. Lui, con la velocità di un respiro, è balzato sul davanzale della finestra ed è fuggito lanciandosi dal primo piano dell’edificio. Un balzo di cinque metri. Nessuno ha avuto il tempo di reagire. Una volta in strada si è allontanato correndo a perdifiato verso Porta Susa e poi oltre.
Come scrive LA STAMPA, Moussa Lay, 35 anni, origini gabonesi, si potrebbe definire un evaso. L’altra sera, poco dopo le 21, è riuscito a scappare dagli uffici della Squadra Mobile mentre era in stato di arresto. Lui, stando alle accuse, sarebbe uno dei due pusher che la notte del 18 aprile scorso aveva violentato una donna di 41 anni, usata come merce di scambio per pagare alcune dosi di crack.
La donna, residente nella prima cintura torinese, era stata avvicinata da una trentottenne marocchina, Mounia Boujjaadia, che le aveva offerto ospitalità in casa, in un modesto alloggio nel cortile di un palazzo di via Bra. Così, dopo aver trascorso qualche ora in quel tugurio e fumato crack insieme, si era ritrovata prigioniera di una tossicodipendente schiava della droga che usato la sua prigioniera come merce di scambio, facendola violentare due volte. Un incubo durato quasi 24 ore.
La Mobile, partendo dall’analisi del telefonino della carceriera e dalle tracce biologiche ritrovate nella casa di via Bra,è a risalire all’identità dei due pusher. L’altra sera gli agenti hanno scovato il sospettato: Moussa Lay, nato in Gabon che sarebbe stato posto in stato di fermo e portato in carcere. La finestra alle sue spalle era aperta. All’improvviso si è lanciato di sotto, aggrappandosi con le braccia, senza procurarsi ferite apparenti. Gli agenti sono subito scesi in strada ma lui era già lontano.