Stato, nazione e cittadinanza. La nostra identità indebolita-

È difficile comprendere il sistema internazionale senza considerare il concetto dello stato-nazione.

Nel mondo esistono molti stati multinazionali, come il Belgio, dove l’identità nazionale gioca un ruolo significativo e altri, come la Russia o la Cina, dove l’appartenenza nazionale può essere importante, a volte persino avere ripercussioni violente, ma essere invece del tutto trascurabile in altri periodi. Negli stati-nazione l’idea di nazione è più complessa e più interessante di quella di stato.

Il concetto di nazione non è sempre chiaro. Per definizione una nazione è un gruppo di persone che condividono un destino comune e, per questo, alcuni aspetti identitari comuni. Le nazioni possono essere create deliberatamente, come è accaduto per gli Stati Uniti, o esistere da centinaia o migliaia di anni, come in alcune aree d’Europa e dell’Asia. Ma indipendentemente dalla sua origine e dalla lunghezza della sua storia, la nazione si fonda su l“amore per ciò che ci è proprio”, dal rapporto particolare con la comunità in cui l’individuo è nato o della quale ha scelto di far parte. Questa affinità è il fondamento di una nazione. Se questa si dissolve, la nazione stessa si dissolve, cosa che è accaduta più volte nel corso della storia. Se una nazione scompare, il sistema internazionale comincia a comportarsi in modo diverso. Se le nazioni perdono identità e coesione, possono aver luogo mutazioni considerevoli; per alcuni sarebbe un bene, per altri un male, ma in entrambi i casi si tratta di grandi rivolgimenti.

Il concetto di stato è molto più chiaro: si tratta dell’amministrazione politica della nazione. I metodi di selezione dei capi e le forme di governo variano sensibilmente, così come il rapporto dello stato con la nazione. Non tutte le nazioni hanno uno stato  corrispondente. Alcune nazioni sono divise tra più stati (come i Curdi), altre, invece, fanno parte di un’entità statale che governa più nazioni (gli Uiguri o i Tibetani in Cina).

Il rapporto con la nazione è personale, mentre quello con lo stato è di natura legale. Lo evidenzia anche il lessico. Prendiamo il caso degli Stati Uniti: si può esprimere la relazione con la nazione dicendo semplicemente “sono Americano”, mentre per esprimere la relazione con lo stato si dovrebbe dire “sono cittadino degli Stati Uniti”, ma le persone non si definiscono così. Nel caso degli stati nazionali europei è ancora più chiaro che dire “sono Italiano” o “sono Francese” sta a indicare l’appartenenza a una nazione, prima ancora che a uno stato. Parliamo di “Italiani  d’Istria” per indicare molti cittadini sloveni o croati. Quando una persona di altra nazionalità diventa cittadino di uno stato in cui è immigrato, si parla di “naturalizzazione”, termine che esprime l’idea che l’appartenenza allo stato sia basata su una condizione “naturale”, non legale.

La nazione americana venne costituita da milioni di persone immigrate da altre nazioni, alle quali venne però richiesto di firmare un giuramento di fedeltà alla nazione: “rinuncio assolutamente e interamente e abiuro ogni forma di lealtà e fedeltà a qualsiasi principe, re, stato o potere straniero dei quali sono stato finora suddito o cittadino”. Gli immigrati che richiedevano la cittadinanza avevano piena consapevolezza di assumere l’impegno di condividere in modo totale il destino degli altri Americani, sottoscrivendone gli obblighi e i sacrifici, incluso il dovere di prendere le armi per difendere la nuova patria. Il giuramento non è mai cambiato: è rimasto lo stesso anche oggi, benché oggi sia possibile per gli Americani avere doppia cittadinanza, che presuppone una doppia lealtà.  Da alcuni anni anche in Italia è legittimo avere doppia cittadinanza, così come in molti altri stati occidentali.

Ma questo solleva una domanda fondamentale. La cittadinanza rappresenta un’autorizzazione a vivere e a guadagnarsi da vivere in un paese, o implica anche, e soprattutto, una serie di obblighi legali e morali? Ci sono molti modi per risiedere legalmente in un paese senza diventarne cittadino. Ma il “cittadino naturalizzato” (rispetto al semplice residente legale) ha un obbligo assoluto verso lo stato, che può comportare gravi e onerose responsabilità, sia militari che civili. L’individuo riesce a destreggiarsi tra questi diversi obblighi fino a quando questi non entrano in conflitto fra di loro.

Che succede quando il conflitto prende corpo?

In realtà la cittadinanza è spesso considerata un vantaggio, più che un sistema di diritti e doveri reciproci. Questo crea un’evidente tensione tra il cittadino e i suoi doveri e anche una profonda ambiguità tra le diverse nazionalità cui si può appartenere. Il concetto di immigrazione implica l’idea di spostamento in un posto nuovo. Il concetto di naturalizzazione comporta l’assunzione di obblighi giuridici e morali, che non hanno nulla a che vedere con la provenienza, ma piuttosto con la definizione di che cosa significa amare la comunità dello stato in cui si vive al punto di essere pronti ad accettare sacrifici importanti. Se si è cittadini di diverse nazioni, quale è davvero la propria?

Il fenomeno della doppia cittadinanza ha un grande vantaggio: lega i paesi di provenienza con quelli di adozione. Gli immigrati, e spesso i loro figli e nipoti, mantengono la loro vecchia cittadinanza, oltre a quella del paese in cui vivono, e sentono i due paesi come ‘fratelli’. Questo è positivo fino a quando tra i due paesi non si crea conflitto o disaccordo, o fin quando il paese d’origine non richiede lo svolgimento del servizio militare come prezzo da pagare per mantenere la cittadinanza.

Nei paesi di forte immigrazione il venir meno della linea di demarcazione tra le varie nazionalità rappresenta una potenziale minaccia. Il senso di identità nazionale è spesso più forte in paesi la cui nazionalità è costruita su secoli di storia e destino comuni, rispetto ai paesi che devono gestire ondate di immigrazione.

Molti considerano il nazionalismo come fonte di divisione, come qualcosa di dannoso, che può condurre a conflitti. Ma il nazionalismo ha resistito al passare dei secoli perché fornisce agli individui un senso di attaccamento a un luogo e una comunità, una storia e un’identità: qualche cosa che va al di là di loro stessi, di dimensioni abbastanza ridotte da esser comprensibile ma, al tempo stesso, di gran lunga più grande di loro. Chiaramente il nazionalismo può avere implicazioni mostruose; tutto ciò che è utile può potenzialmente diventare dannoso. Ma il nazionalismo è sopravvissuto ed è prosperato perché si è rivelato utile alla persona e alla comunità.

La cittadinanza multipla fornisce senza dubbio più libertà. Ma, come spesso accade, la libertà sollecita la questione di che cosa sta a cuore all’individuo al di là di se stesso. Rendendo tenui i confini tra le nazioni non abbiamo ridotto i conflitti. Abbiamo portato i conflitti identitari all’interno degli stati, rendendone più difficile il governo. L’ambiguità nel senso di appartenenza può provocare gravi problemi nel tempo, se non la si affronta e non la si dissipa. In una intervista dopo la recente strage al liceo ebraico di Tolosa lo storico Georges Bensoussan ha affermato: In Francia il linguaggio politico è dominato da una profonda ipocrisia, il conflitto e le divisioni sono rimossi in superficie ma resistono in profondità. Uno stato con un’identità indebolita dal credo multiculturalista è destinato a veder crescere separazioni e risentimenti, a detrimento di un’autentica integrazione’.

Che cosa significa essere cittadino? La risposta a questa domanda determina non soltanto le condizioni di vita all’interno degli stati, ma anche i rapporti internazionali.

Per noi Europei il concetto di cittadinanza assume un’ulteriore complessità, che non abbiamo ancora affrontato davvero. Che significa essere cittadini europei, al di là della retorica? Il destino dei Greci e quello degli Inglesi o dei Tedeschi e dei Francesi è comune, sarà comune domani? Condividere benessere crescente in convivenza pacifica è facile. Ma se occorrono sacrifici per il bene di “tutti noi”, chi sono questi “tutti noi” per gli abitanti di Atene? E per gli abitanti di Francoforte, o di Bordeaux, o di Praga? E all’interno di uno stesso stato ?

In Francia il linguaggio politico è dominato da una profonda ipocrisia, il conflitto e le divisioni sono rimossi in superficie ma resistono in profondità. Uno Stato con un’identità indebolita dal credo multiculturalista è destinato a veder crescere separazioni e risentimenti, a detrimento di un’autentica integrazione.

(cdf)