E due. Dopo Castelvetrano, Casal di Principe. Zingaretti e l’antimafia, scena seconda, potremmo dire in questo tour della bugia che vede inutilmente impegnato il neosegretario del Pd.
Che ci va a fare oggi in provincia di Caserta, dopo quella di Trapani? Deve esibire una patente antimafia? È veramente uno spregiudicato, don Nicola. Vediamo perché.
No, non torniamo sui soldi ricevuti in campagna elettorale da Salvatore Buzzi. Se per i giudici è lecito il finanziamento, buon per lui. Anche se quello è stato condannato per mafia, Zingaretti resta immacolato. E si permette di puntare l’indice contro gli altri, scatenandosi sulla criminalità nomade in provincia di Latina. “È grave che la mafia Rom sostenga la Lega”, ha detto solo per un titolo di giornale sulle parole di pentiti provenienti dai campi nomadi.
La retata di Ferentino – – Peccato però che tra una puntata in Sicilia, una in Campania e uno sguardo distratto in terra pontina, Zingaretti abbia dimenticato un suo feudo particolare, in Ciociaria, dove prospera Antonio Pompeo, sindaco di Ferentino (nella foto col governatore). Che è presidente della provincia di Frosinone e dell’Unione delle province del Lazio. Si tratta di un fedelissimo del governatore e poco tempo fa si è visto portare in galera un consigliere comunale e un ex assessore assieme a un discreto numero di personaggi accusati di essere in odor di camorra. A sua insaputa, naturalmente.
Oggetto delle mire degli arrestati l’ampliamento del cimitero comunale – un appalto da sei milioni di euro – che per quelli del mestiere è oro. Basti pensare che per ogni loculo si pagano duemilaseicento euro e il costo è di appena trecento. Se si moltiplica per centinaia di tombe, il business c’è tutto. La magistratura antimafia ci ha messo le mani sopra con i carabinieri ed è scattata la retata, con tanto di accuse per associazione mafiosa di rito camorristico.
Nessuno di noi prende per oro colato tutto quello che viene imputato dagli inquirenti e anzi vogliamo augurarci che non ci sia nulla di vero. Ma in fondo ci devono pensare gli avvocati.
Ha perso l’uso della parola – – Quel che stupisce su questa storia in cui si parla di tangenti e criminalità organizzata che penetra in un comune del Lazio, Zingaretti sia muto da un paio di mesi. Il sindaco amico pare aver governato chissà dove mentre ad essere buoni lo facevano fesso, e il governatore – che fa l’antimafia in Sicilia, Campania e in provincia di Latina – tace. Silente. Neppure una sillaba.
Quattro manifesti – forse – affissi dai Rom in provincia di Latina meritano la sua indignazione. La camorra dentro gli appalti di un comune governato da un sindaco rosso no. E perché, presidente Zingaretti? Le preoccupazioni della minoranza avversa a Pompeo sono infondate? Lo ha già deciso la regione Lazio? Il Pd?
Pare non meritare neanche un commento l’accusa – tutta da provare, ovviamente – di estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver chiesto una tangente a un imprenditore di Tivoli che si era aggiudicato la gara di ampliamento del cimitero. E oggi però Zingaretti va a comiziare a Casal di Principe. Dirà che bisogna metterci la faccia contro la camorra. Tranne che in un pezzo di Ciociaria.
Il turismo antimafia – se non si interviene con equità in casa propria – non va bene. Zingaretti spieghi perché non parla di Ferentino. Vogliamo sperare che abbia perso per soli due mesi l’uso della parola.
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