“Mi hanno arrestato ma non mi hanno mostrato prova di niente”. Cesare Battisti, in vista dell’incidente di esecuzione che si terrà lunedì prossimo, 18 marzo, davanti ai giudici della Corte d’assise d’appello di Milano, ricostruisce davanti ai giudici della Sorveglianza di Cagliari le fasi del suo arresto avvenuto in Bolivia, dove si trovava per il progetto di un libro.
“Mi sono recato in Bolivia nel dicembre 2018 per incontrare dei colleghi per il progetto di un libro” racconta l’ex terrorista, “residente in Brasile con documenti legali”, che si descrive come “scrittore e traduttore”, libero di poter viaggiare in Sudamerica. Il 12 gennaio 2019 è stato arrestato dall’Interpool boliviana “e trasportato nei loro locali. Lunedì un agente mi ha notificato un’espulsione, un provvedimento di espulsione dalla Bolivia, ho firmato il documento e mi è stato spiegato (e così era anche scritto) che avevo tre giorni per presentare un ricorso e che la risposta sarebbe giunta nei successivi cinque giorni”. Quindi avrebbe avuto altri venti giorni per lasciare la Bolivia e far rientro nel Paese di origine, “cioè il Brasile”. Dopo che il funzionario dell’immigrazione è andato via, altro personale dell’Interpool boliviana lo ha “prelevato per andare in aeroporto senza fornire alcuna spiegazione”.
Battisti racconta di aver atteso anche in compagnia di “sei o sette agenti della polizia federale brasiliana e un delegato che suppongo fosse il capo scorta”. Mentre saliva la scaletta “c’è stato un conciliabolo con gli agenti della polizia brasiliana. Siamo quindi rientrati, hanno discusso, ho sentito frammenti di conversazione e ho capito che l’aereo brasiliano sarebbe rientrato con gli stessi passeggeri”, lasciando a terra l’ex terrorista. Dopo circa un’ora e mezza “la scorta brasiliana è ripartita senza di me. Ho tentato di chiedere spiegazioni ma non né ho ricevute”. Dopo due ore, arrivano “una decina di persone di nazionalità italiana. Gli italiani hanno firmato dei documenti davanti a un ufficiale dell’aeronautica boliviana, mi hanno chiesto di seguirli fino a un minibus che ci ha condotti all’aereo italiano e il decollo è stato immediato”.
Inutile la richiesta di spiegazioni: “Non mi è stata data risposta, non mi è stato mostrato alcun documento o prova di niente”. Dopo uno scalo a Capo Verde per il rifornimento, il giorno dopo Battisti è atterrato all’aeroporto di Roma Ciampino e portato in carcere.
LA DIFESA DI BATTISTI – “Le modalità riferite dal detenuto Cesare Battisti, trasferito da un aereo brasiliano ad uno italiano, confermano che si è trattato di una mera consegna diretta alla polizia italiana di un soggetto estradato dal Brasile. Si impone quindi l’applicazione di quell’estradizione, perché non penso che lo Stato italiano possa eseguire una pena nei confronti di chi è stato condannato per avere violato la legge, senza a sua volta rispettarla” dice l’avvocato Davide Steccanella, che assiste l’ex terrorista. La difesa di Battisti ha depositato, nelle scorse settimane, un’istanza di commutazione della pena dall’ergastolo a 30 anni, sulla base dell’accordo di estradizione, l’unico valido secondo la difesa, ossia quello tra Italia e Brasile, dove non è previsto il carcere a vita. Tema che sarà discusso davanti ai giudici milanesi che dovranno anche tener conto delle dichiarazioni rese ieri dall’ex terrorista che ha ricostruito le fasi della sua consegna all’Italia. (AdnKronos)