Migranti, in certi ambienti cattolici c’è grande confusione fra fede e politica

LETTERA APERTA SUL DOCUMENTO DELLA CARITAS DELL’EMILIA-ROMAGNA – “UNO STATO LAICO HA DOVERI E OBBLIGHI NEI CONFRONTI DEL PROPRIO POPOLO

“Il documento siglato dalla Caritas diocesana dell’Emilia-Romagna non può rimanere senza risposta. Si tratta infatti di un documento dove appare evidente come certi ambienti cattolici facciano una grande confusione fra fede e politica. Senza curarsi del fatto che se si scende nell’agone politico, secolarizzandosi, con prese di posizione fortemente ideologizzate, si cade inevitabilmente in un contesto di contrapposizione, anche valoriale, con altri soggetti politici. Crediamo che nella stesura del documento si sia sorvolato su molte questioni non secondarie. Quello che constatiamo è il mancato riconoscimento delle prerogative e delle peculiarità di uno Stato laico che ha dei doveri e degli obblighi, come la difesa del territorio, della sicurezza e del bene del popolo italiano, che sono diversi rispetto a quelli della Chiesa.

Di fronte all’ossessivo e persistente richiamo a spalancare i confini a un numero inimmaginabile di immigrati, si dovrebbe riflettere sulle parole di San Giovanni Paolo II nel discorso al IV Congresso mondiale delle migrazioni del 1998, dove si affermava: ‘il diritto primario dell’uomo è di vivere nella propria patria: diritto che diventa effettivo solo se si tengono costantemente sotto controllo i fattori che spingono all’emigrazione’, principio ripreso da Benedetto XVI nel 2013 nel messaggio per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, dove ha sostenuto il ‘diritto a non emigrare, cioè a essere in condizioni di rimanere nella propria terra’.

C’è, poi, monsignor Giampaolo Crepaldi, che nel saggio ‘Il cattolico in politica’, afferma che ‘non esiste un diritto assoluta a immigrare cioè a entrare in un altro paese. Questo perché ogni paese ha diritto a proteggere se stesso e a tutelare la sicurezza dei propri abitanti. Ha anche diritto a tutelare la propria identità culturale che in caso di immigrazione massiccia potrebbe essere messa in pericolo…è lecito che uno Stato faccia valere le proprie regole davanti a chiunque voglia entrare in esso…’.

Monsignor Luigi Negri, teologo ed ex arcivescovo emerito di Ferrara-Comacchio, intervistato sull’obiezione di coscienza propugnata da alcuni sindaci nei confronti del ‘decreto sicurezza’, ha sostenuto che era sbagliato perché ‘l’’integrazione deve essere affrontata con prudenza e realismo mettendo al centro diritti e doveri insieme’ e che ‘bisogna essere realisti nella valutazione dei problemi e delle soluzioni. E chi chiede di integrarsi deve compiere certi passi di immedesimazione con la nostra società’. Negri ha anche affermato: ‘abbiamo la responsabilità di un popolo di cui non fanno parte solo gli stranieri, ma anche gli italiani e tra i nostri connazionali i poveri stanno aumentando sempre di più’.

Ricordiamo anche che nella prolusione che Benedetto XVI pronunciò davanti ai sindaci dell’’Anci il 12 marzo 2011, facendo riferimenti ai flussi migratori connessi alla globalizzazione, affermò che ‘di fronte a questa realtà bisogna saper coniugare solidarietà e rispetto delle leggi, affinché non venga stravolta la convivenza sociale e si tenga conto dei principi di diritto e della tradizione culturale e anche religiosa da cui trae origine la Nazione italiana’.

Ci sono anche prelati che, proprio per aver una conoscenza diretta delle miserie e del dolore delle migrazioni, hanno una visione realistica della situazione. Uno fra tanti il vescovo di Ventimiglia-San Remo, Antonio Suetta, che sostiene la necessità di una politica autonoma, rilevando che la ‘Chiesa non agisce in nome di una competenza tecnica, ma attraverso una seria riflessione cristiana che illumina i temi della realtà sociale’. Il ruolo della Chiesa, afferma, è ‘indicare principi morali’, le soluzioni devono essere apprestate dalla politica, e ancora ‘il primo dovere di carità umana ci impone di aiutare questi popoli dove vivono’. Nel documento, poi, si tratta il tema immigratorio solo dal punto di vista di chi immigra (illegalmente), mentre si ignorano le necessità e le richieste dei Paesi di arrivo. Inoltre non si considera un tema fondamentale come quello delle differenze, culturali, religiose, sociali, di tradizione che incidono profondamente sulle possibilità e capacità di accoglienza e poi di integrazione da parte delle nostre comunità. Di sicuro, chi ha redatto il testo non condivide le preoccupazioni del cardinale guineano, Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino, sul futuro dell’occidente e dell’Europa, ricordiamo una sua dichiarazione tesa a ricordare che ‘ogni nazione ha il diritto di distinguere tra rifugiati e clandestini’.

Le Chiese africane, inoltre, da tempo mettono in guardia dalle conseguenze negative delle emigrazioni dai paesi di origine. ‘Al posto che andare in Europa a fare i disoccupati, rimanete in Africa a costruire un mondo migliore’. Questo l’appello di monsignor Nicolas Djomo, vescovo di Tshumbe e presidente della Conferenza Episcopale della Repubblica democratica del Congo. Poi c’è l’arcivescovo Benjamin Ndiaye di Dakar in Senegal che chiede di ‘arrestare’ il fenomeno immigrazione.

In Africa, insomma, la Chiesa è impegnata a non far partire i giovani irretiti dalle organizzazioni criminali, che gestiscono il mercato delle migrazioni, un mercato che ha un giro d’affari di miliardi dollari, circa 7 nel 2016, e chiede ai giovani di non emigrare e di costruire e sviluppare i loro paesi. Pare, dunque, che si siano perse di vista le illuminate riflessioni di Giacomo Biffi, il compianto cardinale di Bologna, un ‘gigante della dottrina’, come lo ricorda il filosofo Marcello Pera. Biffi già nel 2000, in diversi pronunciamenti, fu profetico sul tema dell’immigrazione e auspicò un approccio realistico, sostenendo, tra gli altri ammonimenti basati su una ‘grande fede e sapienza teologica’, che ogni Stato ha ‘il diritto di gestire e regolare l’afflusso di gente che vuol entrare a ogni costo’ e non ha il dovere di ‘aprire indiscriminatamente le proprie frontiere’, mettendo in guardia dal ‘prosperare di un’industria criminale di sfruttamento di chi aspira a varcare clandestinamente i confini’. Lo stesso papa Francesco nella recente conferenza stampa tornando dall’Irlanda (26 agosto 2018) ha parlato di accoglienza ma usando prudenza quando non ci sia la possibilità di integrare.

Il tema trattato nel documento è quindi molto più complesso di una scarna presa di posizione politica contro una legge dello Stato. Coinvolge infatti più settori e più temi, non ultimo quello della criminalità e dei rapporti stretti che intercorrono fra questa e i flussi immigratori irregolari. Ci sono pagine illuminanti di scrittori africani, non certo identificabili con la Lega, che denunciano le teorie immigrazioniste e il ‘buonismo’ dei confini aperti che, forse inconsapevolmente, vanno ad alimentare il commercio di uomini, con gli abusi e le crudeltà che comporta. La Lega come è noto esprime una cultura della solidarietà coniugata alla legalità e alla sicurezza guardando in particolare alle richieste delle persone appartenenti alle fasce più deboli delle nostre comunità. Cittadini italiani annichiliti dagli effetti di una povertà a 360 gradi, che non è solo economica, ma anche relazionale e culturale, tanto che sono diventati negli anni e si sentono cittadini di serie B”.

Massimiliano Pompignoli – Consigliere regionale Lega Romagna Andrea Cintorino – Segretario Prov.le Lega Forlì Cesena Antonella Celletti – Responsabile Enti Locali Lega Romagna