(di Francesco Bonazzi – La Verità 12.01.2019) – Accertare se il ruolo di consigliere della fondazione Open society Europe, dello speculatore internazionale Georges Soros sia compatibile con la vicedirezione del Corriere della Sera e con la professione giornalistica. Verificare se gli articoli che davano per certa la procedura d’infrazione comunitaria contro Roma, lo scorso autunno, abbiano influito sullo spread e abbiano influenzato i mercati, favorendo la speculazione e danneggiando l’Italia, verificando anche ipotesi di aggiotaggio. Sono queste le richieste di un gruppo di senatori del M5s, guidato dall’esperto di banche e rating Elio Lannutti, da Daniele Pesco e dall’ex giornalista dell’Espresso Primo Di Nicola, contenute in un’interrogazione parlamentare sul caso di Federico Fubini, accusato nei giorni scorsi dal suo collega di testata e corrispondente da Bruxelles Ivo Caizzi di aver dato «notizie che non c’erano» per screditare il governo gialloblù.
L’interrogazione è stata presentata ieri e sarà discussa probabilmente la prossima settimana, portando così nell’aula di Palazzo Madama uno scandalo che, salvo il nostro, la maggior parte dei giornali ha preferito ignorare.
L’atto ispettivo è rivolto al premier Giuseppe Conte, al ministro della Giustizia Adriano Bonafede e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vito Crimi, che ha la delega ai problemi dell’editoria. Che sono tanti e non sono solo di soldi, come emerge dal fattaccio di via Solferino. Perché Caizzi, inviato di lungo corso, ha accusato il suo direttore Luciano Fontana e il vice ad personam Fubini di avere, in buona sostanza, montato la panna contro il governo, nel corso del braccio di ferro tra Commissione Ue e Italia sulla manovra per il 2019.
La denuncia di Caizzi, comprendeva un piccolo ma micidiale dossier sugli articoli pubblicati a novembre nei giorni in cui è stata presentata la cosiddetta “manovra del popolo”. Come si ricorderà, il deficit-pil, inizialmente messo al 2,4%, provocò uno scontro durissimo con il presidente Jean Claude Juncker e con il ministro agli Affari economici e monetari Pierre Moscovici. A novembre lo spread salì di quasi 100 punti a quota 350, per poi ritornare poco sopra i 250 poco prima di Natale, quando l’Italia ha proposto un ritocco al 2,04%.
Prima della rivolta francese dei gilet gialli, il governo di Salvini e Di Maio se l’era vista brutta, con molti media che vaticinavano la spallata dello spread e accreditavano quasi ogni giorno l’arrivo di terribili purghe da Bruxelles. In prima fila, c’era il Corriere della Sera. Nell’interrogazione parlamentare, si ricorda che il primo novembre Fubini diede per certo, in prima pagina, che la procedura d’infrazione (roba da 100 punti di spread in un colpo solo) fosse «pronta». Ma tre giorni dopo, Caizzi, frequentatore dei Palazzi di Bruxelles, «rivelava che i governi più influenti avevano incaricato di mediare un compromesso con l’Italia sulla manovra il presidente dell’’Eurogruppo Centeno, che guida l’organo politico che di atto decide sull’eventuale procedura d’infrazione», come riportano i senatori di M5s.
E il 6 novembre, la notizia, data da Caizzi, che confermava la scelta dell’Eurogruppo di trovare un accordo con Roma, veniva confinata in poche righe. Non serviva alla causa anti sovranista? Sempre Apoclaypse Fubini, il 20 novembre, ovvero alla vigilia del collocamento dei Btp Italia e la cui asta si è chiusa il giorno dopo (raccontata dai mass media come il peggior risultato delle 14 edizioni, chiuso col controvalore inferiore al miliardo di euro), sosteneva che «il governo starebbe generando stress finanziario per produrre recessione e nuove tensioni sul debito. L’origine del problema è questa caotica campagna elettorale che non finisce mai, perché erode la fiducia. È qui che qualcosa deve cambiare prima che sia tardi. Spetta al governo. È a noi italiani smettere di lasciarci illudere che l’interesse personale di ciascuno si faccia a spese dello Stato. Cioè di tutti», Un vero patriota, tra una sfiga e l’altra.
L’interrogazione prosegue facendo anche rilevare come il 7 novembre, sempre sul Corriere della Sera, si riportasse in piccolo che «28 ministri finanziari dell’Ecofin confermavano la trattativa e l’aspettativa di sviluppi positivi con l’Italia»; ma poi veniva pubblicato con grande risalto un «retroscena» di Fubini nel quale si sosteneva che «non c’è stato nessun passo avanti verso un compromesso fra Commissione Ue e Italia, né alcun vero negoziato». Articolo nel quale, tanto per seminare un altro po’ di panico, si rilanciava l’ipotesi di dimissioni in tempi rapidi del ministro dell’Economia, Giovanni Tria. Dimissioni che in quella fase avrebbero provocato una tempesta finanziaria sui Btp e sulle banche italiane. E che naturalmente non sono mai arrivate perché lo stesso Sergio Mattarella non le avrebbe consentite.
Conclusione dei senatori di M5s: in quei giorni gli articoli del Corriere avrebbero creato un grave danno all’Italia e ai risparmiatori, «tra l’altro in assenza di un presidente della Consob», chiamata a vigilare anche su questi aspetti. E il fatto che Fubini sieda nell’european advisory board della Open society di Georges Soros viene ora portato all’attenzione del governo perché «bisogna scongiurare che iscritti all’Ordine dei giornalisti, contravvenendo volontariamente ai doveri di autonomia, imparzialità e verità, si prestino ad operare contro gli interessi nazionali a favore di interessi particolari, coincidenti col criminale speculatore sulla lira Soros».