Roma, 23 nov. (askanews) – “Persone senza dimora. Le sfide di un sistema integrato”, è il dossier presentato oggi dalla Caritas di Roma che attraverso una riflessione, una serie di analisi e delle proposte concrete, rimette al centro del dibattito il tema delle persone in povertà estrema, con riferimenti alla letteratura internazionale, l’approfondimento delle specificità del contesto italiano e uno sguardo privilegiato sulla situazione romana.
A Roma, la condizione di sofferenza delle circa 14.000 persone in povertà estrema rappresenta un problema purtroppo in costante crescita, laddove l’assenza di una strategia di intervento che sappia affrontare il bisogno multidimensionale delle persone senza dimora non migliora il quadro di riferimento ma, al contrario, catalizza riduttivamente le risposte in azioni di emergenza durante alcune stagioni dell’anno, rischiando di produrre “oblio” attorno al fenomeno homelessness nei periodi considerati meno critici e di perpetuare – e con il tempo accentuare – problematiche, tensioni e conflitti nei territori, depotenziando anche alcuni fattori di coesione sociale.
La criticità più evidente è l’assenza di politiche che sappiano mettere al centro i differenti bisogni delle persone in povertà estrema, prevedendo, oltre interventi per i bisogni alloggiativi, anche azioni in ambito lavorativo, formativo, di riqualificazione professionale, di tutoraggio nella relazione con le istituzioni, di mediazione territoriale e di educativa di strada.
“Una proposta urgente perché riguarda persone che cercano di rimanere “in piedi”, al limite della dignità umana, in baracche, anfratti, sottopassaggi, sui marciapiedi, nelle piazze, nei parchi pubblici o che si trovano “bloccate” nelle strutture di accoglienza della città per la mancanza di risposte adeguate ai complessi percorsi di vita che le hanno condotte all’emarginazione.
Le politiche attuali di contrasto alla povertà sono indirizzate indistintamente a tutti i poveri assoluti ma non si preoccupano di comprendere se misure e interventi previsti, siano accessibili anche da parte di chi vive una condizione di forte deprivazione materiale, relazionale e psicologica.Tutto questo, dovrebbe stimolare non solo una redistribuzione più equa e mirata delle risorse economiche ma ancora di più suggerire un approccio olistico, con l’obiettivo di una comprensione finalmente piena non solo dei bisogni ma soprattutto di risorse e potenzialità di cui ogni persona senza dimora è portatrice.
“La nostra città – sottolinea don Ambarus – deve essere in grado di intercettare da una parte le esigenze di chi sperimenta la deprivazione più dura e dall’altra di dissolvere le paure attraverso spazi di incontro, di condivisione quotidiana, di appartenenza, di comprensione nei confronti di un fenomeno complesso e mai riducibile a poche formule standardizzate. La conoscenza e l’incontro a partire dal riconoscimento di una comune umanità sono un argine alla “frantumazione” delle nostre vite, delle nostre comunità, della nostra città, del nostro sistema di servizi sociali. Una speranza per tutti”. ASKANEWS