Non è finita per Asia Bibi, assolta in Pakistan otto anni dopo essere stata condannata a morte per una falsa accusa di blasfemia. Le autorità infatti le impediranno di lasciare il Paese inserendola in una lista che vieta l’espatrio. Per questo motivo le proteste in Pakistan, protrattesi per 3 giorni, sono state sospese, dopo l’esito di un negoziato con i radicali islamici che, in preda ad un furore inspiegabile, hanno devastato e bruciato i veicoli di fabbricazione occidentale.
#Pakistan: These are the peaceful and moderate protests of the Pakistanis following the acquittal of the Christian #AsiaBibi. As a proxy, all western cars on the highway are demolished and destroyed. pic.twitter.com/hj1r49dCCR
— Onlinemagazin (@OnlineMagazin) 3 novembre 2018
Il caso sarà rinviato alla Corte Suprema.
Khadim Hussain Rizvi, leader del Tlp (partito musulmano sunnita Tehreek e Labbaik Pakistan) ha sottolineato la sua soddisfazione sui negoziati che “hanno avuto successo”.
Saif Mulook, l’avvocato che ha difeso la donna cristiana per dieci anni, ha lasciato invece il Paese temendo per la sua vita dopo le minacce ricevute da parte degli islamici radicali.
Alla sua cliente non è stata accordata alcuna protezione. Per il legale, la reazione violenta alla sentenza è stata “dolorosa ma non inattesa”. Ma quel che è più doloroso “è la risposta del governo”. Il riferimento è che l’accordo, un testo in cinque punti, prevede da parte del governo una non opposizione al deposito di una richiesta di revisione del giudizio presso la Corte suprema e che lancerà una procedura per impedire ad Asia Bibi di lasciare il territorio. Questo significa che Asia Bibi non potrà uscire di prigione in attesa dell’esame di richiesta di riesame. L’accordo è stato vivamente criticato. “Un governo ulteriore ha capitolato di fronte agli estremisti religiosi violenti che non credono né nella democrazia né nella Costituzione”, ha deploratoil quotidiano Dawn nel suo editoriale oggi.