L’antifascismo dei manigoldi

di Gianni Petrosillo

Forse la Meloni resta allibita perché, lo dico senza aspra polemica, non sa bene cosa fu la Resistenza nel suo aspetto sostanziale. Non fu “antifascista” come aspetto fondamentale; solo gli “antifascisti” del 25 luglio e 8 settembre ’43 (fascisti fino a un momento prima o antifascisti a Paris a godersi la vita) furono soltanto tali. Coloro che fecero la Resistenza – nel nord Italia (e senza dubbio con la guerra ormai di fatto vinta dagli “Alleati”), combattendo con netta decisione e subendo un buon numero di perdite – furono i comunisti. E questi volevano ben altro che la semplice fine del fascismo.

Quelli che poi hanno straparlato di “liberazione” – riferendosi alla nuova occupazione degli angloamericani al posto dei tedeschi – sono dei manigoldi ormai quasi tutti scomparsi. Adesso abbiamo i loro successori: dei semplici imbroglioni (e anche peggio), che si servono di un antifascismo inventato da storici di una ignoranza e sfacciataggine inaudite per mantenere un potere (anche mediatico), che deve finire perché è un insulto ai morti e ha condotto il nostro paese (peraltro in buona compagnia con gli altri del cosiddetto “occidente”) ad un degrado sociale, politico e culturale ormai insopportabile.

Questi antifascisti sono il peggio del peggio, una massa di affossatori della nostra civiltà. Sia però chiaro che non si può combatterli con le fregnacce di Casapound o Forza Nuova. Nessuna ridicola nostalgia del fascismo – che va collocato nel suo tempo e studiato infine seriamente, ma in quel preciso contesto storico ormai assai lontano – serve per annientare questo antifascismo del disfacimento italiano.

Addosso a questi farabutti che si travestono da antifascisti e che sono tanto dannosi come gli altri mascalzoni che ancora gridano all’anticomunismo, altro processo storico di un’età ormai trascorsa. Sono nemici mortali; si deve capirlo infine!

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