Sempre più alta e in continua crescita la tassa sui rifiuti pagata da cittadini e imprese: nel 2017 è arrivata, complessivamente, a 9,3 miliardi di euro con un incremento di oltre il 70% (72%) corrispondente ad un incremento complessivo di 3,9 miliardi di euro negli ultimi 7 anni nonostante una significativa riduzione nella produzione dei rifiuti. Il dato emerge dal primo monitoraggio del portale di Confcommercio che parte oggi, consultabile al sito www.osservatoriotasselocali.it, uno strumento permanente dedicato alla raccolta e all’analisi di dati e informazioni sull’intero territorio relative alla tassa rifiuti (TARI) pagata da cittadini e imprese del terziario.
Lo scenario evidenzia come costi eccessivi e ingiustificati per cittadini e imprese derivino, in particolare, da inefficienza ed eccesso di discrezionalità di molte amministrazioni locali, da una distorta applicazione dei regolamenti e dal continuo ricorso a coefficienti tariffari massimi. La tassazione crescente è doppiamente ingiustificata se si considerano i dati riguardo alla produzione totale di rifiuti che, in controtendenza, nel periodo considerato ha subito un rallentamento. Le imprese, infatti, continuano a pagare di più nonostante la produzione dei rifiuti sia decresciuta (da 32,4 mln di tonnellate del 2010 a 30,1 mln nel 2016).
In particolare, i commercianti sottolineano come per le imprese del terziario, ci siano sempre più evidenti distorsioni e divari di costo tra medesime categorie economiche a parità di condizioni e nella stessa provincia. Ad esempio, un albergo con ristorante di 1.000 mq paga 4.210 euro l’anno a San Cesario (Le) mentre ne paga 7.770 euro l’anno a Lecce; per la stessa attività in provincia di Padova si passa da 4.189 euro/anno di Abano Terme a 5.901 euro/anno del capoluogo.
L’inefficienza delle Amministrazioni locali (in media, il 62% dei Comuni capoluogo di provincia registra una spesa superiore rispetto ai propri fabbisogni) costa a cittadini e imprese 1 miliardo l’anno a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi comunitari di raccolta differenziata (siamo al 52% contro il 65% fissato a livello europeo);
In molti casi, rileva l’osservatorio di Confcommercio, le imprese pagano costi per un servizio mai erogato (con aggravi di oltre l’80%) o per il mancato riconoscimento della stagionalità delle attività. Ad esempio, nel primo caso, a Roma, un distributore di carburante di 300 mq paga 2.667 euro mentre l’importo corretto dovrebbe essere di 446 euro; nel secondo caso, un campeggio di 5.000 mq nel Comune di Fiumicino paga 13.136 euro quando per i soli 5 mesi di attività dovrebbe pagare 5.473, oppure uno stabilimento balneare di 600 mq, nello stesso comune, paga 1.037 euro a fronte dei 432 che dovrebbe pagare.
“I dati dell’Osservatorio sono la conferma di quanto le nostre imprese siano penalizzate da costi dei servizi pubblici che continuano a crescere in modo ingiustificato – sostiene Patrizia Di Dio, membro di Giunta di Confcommercio con delega all’ambiente – Negli ultimi sette anni la sola Tari è cresciuta di quasi 4 miliardi di euro. Bisogna, dunque, applicare con più rigore il criterio dei fabbisogni e dei costi standard nel quadro di un maggiore coordinamento tra i vari livelli di governo, ma soprattutto è sempre più urgente una profonda revisione dell’intero sistema che rispetti il principio europeo ‘chi inquina paga’”. ADNKRONOS