Tagli alla sanità: mancano 50mila infermieri

Sono tra gli operatori della sanità più apprezzati dai cittadini, ma sono anche troppo pochi. Gli infermieri, anello fondamentale dell’assistenza sanitaria, sono 50mila in meno in Italia rispetto alle esigenze del settore. Sarebbero necessari, infatti, almeno altri 20mila in ospedale e circa 30mila per rendere efficiente l’assistenza continua sul territorio. Ma potrebbero diventare 70mila entro 5 anni gli operatori mancanti. E’ il quadro illustrato durante il primo congresso della Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche (Fnopi) a Roma.

Il numero di infermieri – come quello di tutte le professioni sanitarie – continua ogni anno a calare, per i risparmi di spesa a cui sono costrette le Regioni e dal 2009 al 2016 se ne sono persi, appunto, oltre 12mila.

Beppe Grillo: “la sanità rappresenta il costo maggiore per Regioni e Stato.”

La carenza di personale significa spesso servizi meno efficienti per i cittadini, ma anche carichi di lavoro elevati per chi deve garantire l’assistenza. Per gli infermieri il lavoro di domenica è quasi la norma, lo fa almeno il 68,3% di chi lavora in ospedale. Il maggior ricorso al lavoro serale e notturno si verifica soprattutto al Sud, dove quasi tutte le Regioni sono in piano di rientro e il blocco delle assunzioni pesa. Nel Mezzogiorno lavora di notte almeno una volta a settimana il 63,6% degli infermieri, contro il 54,8% del Nord.

ETA’ – Gli infermieri, inoltre, come gli altri professionisti della sanità, invecchiano. L’età media dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale è di 50 anni e mezzo, con differenze notevoli tra regioni in Piano di rientro, come la Campania (dove gli infermieri del Ssn hanno 9 anni più della media degli iscritti all’Ordine, contro poco più di un anno degli assunti in Trentino), con un età media di 53 anni, e regioni ‘modello’ come Lombardia, Umbria ed Emilia Romagna, dove non l’età media è di poco più di 49 anni.

Al di là della grave carenza di operatori sanitari, a mancare – sottolineano gli infermieri riuniti nel loro primo congresso – “è soprattutto un serio ed equilibrato rapporto tra i professionisti che si realizzi attraverso lo sviluppo delle competenze”. Da qui la proposta: “si deve riuscire ad aumentare rapidamente il rapporto infermieri-medici per accompagnare l’evoluzione dei bisogni e migliorare appropriatezza e sostenibilità del sistema, soprattutto nelle regioni in cui demografia ed epidemiologia rendono più ampio il gap tra bisogni e offerta”.

TARGET – Per realizzare l’obiettivo è necessario: “Definire target espliciti di rapporto infermieri-medici da raggiungere entro periodi determinati. Attualmente il rapporto medici-infermieri è costante nel tempo, ma perché segue le carenze progressive delle due professioni; accompagnare i cambiamenti con azioni (sperimentazioni, formazione, trasferimento di esperienze) che aiutino l’evoluzione del sistema verso una minore densità medica. La ricetta è anche quella dello skill-mix, ovvero modifica nel perimetro di attribuzione delle competenze tra medici e altre professioni sanitarie”.

Un’interazione necessaria secondo il Cergas Bocconi (Oasi 2017), come dimostra anche l’analisi delle esperienze internazionali, in cui si vede come politiche di modifica dello skill mix siano sempre più frequenti, e come – sebbene diffuse principalmente a livello di assistenza primaria – sempre più si stiano estendendo anche al mondo delle cure per acuti. Si tratterebbe, secondo la Fnopi, di modificare la composizione del personale nel quadro delle risorse invariate. Da questo punto di vista il vincolo reale con cui il sistema deve fare i conti non è (o non solo e comunque non prioritariamente) quello di una carenza di specialistici medici, ma delle risorse a disposizione per assumere il personale nel suo insieme. ADNKRONOS