Giancarlo Parretti più che un uomo è un romanzo. Orvietano, classe 1941, da ragazzino ha iniziato a lavorare come lavapiatti, a 22 anni era cameriere al Savoy Hotel di Londra e Winston Churchill voleva sempre essere servito da lui: spiccicava appena qualche parola di inglese, ma lo faceva morire dal ridere. Finì su una nave da crociera a fare lo stesso mestiere. Si ammalarono i due chef e dovette sostituirli. Se la cavò e così mise da parte i primi soldi. Li investì in qualcosa che vendette poco dopo. Fu così che nei meravigliosi anni Ottanta lo trovammo alla ribalta delle cronache come finanziere di assalto con il suo socio Florio Fiorini, ex direttore finanziario dell’ Eni. Insieme comprarono la Pathé Cinema, che era una importante casa di produzione francese, e sbarcarono così nel favoloso mondo del cinema.
Parretti iniziò così la vita da produttore. Un giorno Fiorini gli chiese di uscire dal business e di andare a cercare compratori per la Pathé. Lui invece la diede in garanzia alla filiale londinese del Credit Lyonnaise, la più grande banca pubblica francese. Per avere sull’ unghia un prestito fantasmagorico, più di mille miliardi di vecchie lire dell’ epoca. Con quei soldi che ancora oggi non si capisce come gli abbiano dato (e che rischiarono di fare fallire la banca francese), Parretti si comprò la Metro Goldwyn Mayer (Mgm), la casa di produzione più nota di Hollywood, quella del leone che ruggiva nella sigla dei film. Non durò molto e negli anni successivi quella scalata gli portò una marea di guai, ma per quasi due anni fu di Parretti il divano del produttore più importante del cinema mondiale. Siamo a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta: mentre Parretti era presidente della Mgm, la Miramax di Harvey e Bob Weinstein stava diventando la prima casa cinematografica indipendente del mondo. E a sentire Parretti che qualche esperienza in materia ha, il divano del produttore indipendente era già bollente all’ epoca, molti lustri prima dello scandalo sulle molestie sessuali esploso in queste settimane.
Parretti, aveva conosciuto Weinstein quando era in Mgm?
«Sì, mi era capitato in due o tre occasioni ufficiali di incontrarlo. E anche allora la fama che lo accompagnava era questa. Ma sa, Hollywood era fatta di chiacchiere come accade anche in Italia».
Ha conosciuto attrici che raccontavano di essere molestate da lui?
«No, ma si figuri se qualcuno andava a lamentarsi di queste cose. E anche adesso che se ne vengono fuori con questi racconti a distanza di 10, 15 o più di 20 anni dai fatti. E guarda caso nessuno che parli di ieri o dell’ altro ieri. Beh, non è che mi sembrano molto credibili. Non condivido quasi mai quello che dice Daniela Santanché, ma su questo caso sul vostro giornale ha scritto parole giustissime».
E lei non ne ha mai approfittato di quel divano della Mgm?
«Guardi che io alla Mgm ho vinto sei Oscar e una Palma d’ oro al festival di Cannes, mi occupavo di industria del cinema, non di attrici. La Palma l’ ho però vinta con Meryl Streep»…
A proposito di lei, all’ epoca una rivista scandalistica vi beccò al ristorante insieme, e scrisse che Parretti ci aveva provato, rimediando un due di picche davanti a tutti dalla Streep…
«Ma no, ma no. Tutto inventato. A parte che i miei gusti erano un po’ diversi, e Meryl Streep non è che proprio ti facesse venire voglia. Poi era davvero una mamma, tutta attenta alla cura dei figli. Era una grande attrice, e per me era un onore averla in scuderia. La andai a prendere anche con il mio Gulf Stream privato per portarla a Cannes.
Ma sempre rispettoso…».
La Streep oggi è una delle più scandalizzate per il comportamento di Weinstein.
«Ecco, questo non le fa onore. Lo incensava fino a un minuto prima con lodi spropositate, dicendo perfino che era un Dio, perché quello era potente. Ma che Weinstein fosse così già all’ inizio della Miramax lo sapeva lei come lo sapevano tutti. Io questo gran scandalo di queste ore proprio non lo capisco…».
Non lo capisce perché lei faceva il produttore, ma avesse fatto l’ attrice e fosse stata molestata pesantemente, oggi direbbe altre cose.
«Molestate? Ma guardi che a Hollywood non c’ era bisogno di molestare proprio nessuna. Il 50% delle attrici e attricette che girava lì si offrivano di dartela senza nessun bisogno di chiedergliela. Quel che raccontano oggi sono solo favole».
Capitò anche a lei appena diventato presidente di Mgm?
«Una delle prime attrici che chiese appuntamento si presentò con un vestitino allacciato a vita con un solo bottone. Le chiesi che cosa potevo fare per lei. La signorina mise la mano sul bottone, lo sganciò, il vestitino cadde e restò completamente nuda davanti a me. Siccome non sono scemo, pur avendone combinate nella mia vita, balzai subito ad aprire la porta e urlai alla mia segretaria di portare via la signorina che doveva essere portata in una clinica perché aveva evidenti problemi di testa. Allora pensai potesse essere una trappola per fregare l’ italiano appena arrivato alla guida della Mgm. Capii invece che era un costume piuttosto diffuso…».
Non avrà sempre chiamato la segretaria!
«Peggio, raccontai a casa l’ episodio quasi divertito. E mia moglie Maria dal giorno dopo divenne la mia segretaria, per non farmi correre rischi… Comunque guardi che poi i produttori non è che contassero così tanto per un’ attrice».
Beh, potevate fare avere una parte in un film, mica è poco…
«Non è così vero. Certo, il produttore poteva insistere per una particina a un’ attricetta. Ma le attrici vere le sceglieva il regista, e non potevi imporgli proprio nulla. E talvolta più del produttore contava magari l’ attore famoso».
Cioè?
«Ricordo che stavamo girando “La Casa Russia”, con Sean Connery. Lui pretese di avere come co-protagonista Michelle Pfeiffer, che all’ epoca era una delle attrici più belle. Connery, che era sedotto da lei, pretese pure nel contratto con la Mgm che si girasse una scena d’ amore molto lunga fra loro due. Fu effettivamente girata, perché così voleva lui. Ma la tagliammo prima di fare andare il film in sala, perché serviva a lui più che alla narrazione…».
Oggi saltano fuori una dopo l’ altra le rivelazioni sulle molestie di Weinstein.
«L’ avessero detto di me, che ero immigrato italiano, sarei marcito in carcere. In ogni caso finora abbiamo visto grandi racconti alla stampa, non denunce in tribunale. E allora penso che ci sia tanta gente che abbia bisogno di farsi pubblicità con questo caso. Guardi che salta fuori anche Quentin Tarantino con le sue rivelazioni: sapeva? E cosa sapeva? Era nascosto sotto le coperte di Weinstein? E Asia Argento che lo seguiva per anni come un cagnolino? Non prendiamoci in giro. La violenza sessuale è una cosa seria, non questo romanzo d’ appendice. A quelli che toccano bambine, ragazzine, le stuprano assalendole per strada io taglierei la capoccia nella pubblica piazza. Quelle sono cose serie…».
di Franco Bechis – www.liberoquotidiano.it