Nel 2016 il numero dei minori soli nigeriani arrivati via mare in Italia è triplicato (3.040), e si è registrata una presenza crescente di adolescenti e bambine anche di 13 o 14 anni, generalmente reclutate con l’inganno nel loro paese di origine, a Benin City o nelle aree rurali e nei villaggi più remoti degli stati dell’Anambra, del Delta e del Lagos.
La filiera criminale nigeriana che gestisce la tratta a scopo di sfruttamento sessuale in Europa e in Italia è basata su fasi e ruoli ben definiti, a partire dalle adescatrici, che operano in Nigeria, dove viene operato il rito voodoo o juju che innesca il meccanismo di ricatto e paura che terrà vincolate le vittime per anni; i boga o trolleyman, responsabili del trasferimento delle vittime in Niger dove le cedono a gruppi criminali arabi che le trasportano in Libia e le sequestrano nelle connection house gestite da carcerieri nigeriani e ghanesi; le maman che gestiscono l’attività di prostituzione in Italia e i loro emissari, i brother, che ricomprano le ragazze pagando il riscatto dalle connection house e l’imbarco per l’Italia; i controllers o luogotenenti, che informano i trafficanti sullo sbarco in Italia delle ragazze e le istruiscono sull’iter da seguire nelle operazioni di accoglienza e nella fuga dalle strutture; i sodali, attivi nello smistamento e nella gestione delle ragazze nei diversi luoghi della prostituzione.
Le ragazzine vittime possono subire ogni tipo di violenza durante il viaggio, nel quale vengono vendute e ricomprate, e una volta in Italia sono obbligate a restituire un debito che può arrivare a 40-50.000 euro, ma devono pagare alla maman anche vitto e alloggio, bollette, vestiti e fino a 150-200 euro al mese per il posto in strada in cui sono costrette a prostituirsi, spesso accettando rapporti senza protezione, e con tariffe che in zone più periferiche possono scendere a 10 o 5 euro.