LA CAPRIOLA DI TRUMP

Dopo la risoluzione all’ONU contro Assad a firma congiunta con Francia e UK, era chiaro che Trump volesse rettificare di più di qualche grado la sua posizione nei confronti della Siria, fermo restando che alla storia del gas come vulnus di importanza geopolitica non ci può credere neanche la casalinga di Voghera. Ed infatti la reazione violenta, subitanea e perentoria di Trump conferma, semmai ce ne fosse bisogno, che le armi chimiche servono solo contro i malcapitati a cui i media attribuiscono la detenzione o l’utilizzo.

La propaganda che precede e accompagna tutte le guerre più che una raffigurazione tendenziosa è sempre stata uno straccio intriso dei colori del sangue e della merda, e anche in questo caso si conferma la natura ipocrita di questa attività menzognera necessaria alla politica (la guerra è una parte della politica).

Il regime di Assad in passato era provvisto di un poderoso arsenale chimico per bilanciare la forza delle testate nucleari israeliane contro le quali l’unico deterrente praticabile per Damasco era rappresentato da missili e razzi dotati di suggestionanti testate chimiche. Molti rapporti di enti internazionali davano questo arsenale siriano smantellato per il 99% già 3 anni fa, ma a prescindere da questa considerazione, nelle operazioni a bassa intensità che sono peculiari nelle guerre a lotta civile come è quella siriana, è pacifico che l’uso di queste armi chimiche non ha alcun senso tattico e strategico. I miliziani asserragliati in un palazzo, infatti, possono essere facilmente soppressi con ordigni convenzionali che inorridiscono l’opinione pubblica occidentale molto meno. Per i benpensanti nostrani pare che il corpo di un bambino dilaniato da una granata valga meno dei polmoni di un bambino soffocato dal sarin !? Mah !

Lasciamo ora stare le questioni di carneficina estetica e guardiamo invece alla sostanza del dato geopolitico dietro a questi 56 missili scagliati da Trump.

Il presidente Usa con una capriola portentosa ha assecondato non solo i mal di pancia verso il redivivo Assad della Turchia, importantissimo alleato americano, ma soprattutto le richieste di protezione politica di Israele, principale alleato degli USA nell’area e dopo il Regno Unito anche nel Mondo. Gerusalemme da tempo guardava assai intimorito l’asse tra l’Iran e una Siria rivitalizzata dalla sconfitta americana di Hillary, un asse già forte di per sé in Medioriente, e ancora più forte essendo spalleggiato dalle possenti spalle di Vladimir Putin.

Il tema pregnante è l’isolazionismo verso l’Iran e gli Ayatollah, indirizzo su cui Putin non concorda. La Russia protegge l’Iran e utilizza la Siria come un canale di aiuti all’Iran. Il problema quindi è questo grande stato contro cui peraltro anche Reagan si scagliò indirettamente negli anni 80 aizzando Saddam Hussein (guerra Iraq-Iran). In Iran ci sono 80 milioni di mussulmani sciiti fatti a modo loro, cioè totalmente chiusi mentalmente verso l’occidente, a differenza dei mussulmani sunniti wahabiti che tanto piacciono ai Dem Usa sebbene siano sanguinari e illiberali forse peggio che gli sciiti. L’Iran, pur ripudiando l’Occidente, tuttavia vuole avere accesso lo stesso alle tecnologie occidentali, come ad esempio la bomba atomica. Ma l’Iran è retto da logiche di governo medievali e quindi se questi altri tipi di ‘pazzi’ mussulmani riuscissero a costruirsi le bombe atomiche sarebbero pure capaci di utilizzarle a cominciare contro Israele. Questo è il principale problema alla radice concettuale dei 56 missili contro Assad, una stilettata alla nuora affinché la suocera intenda chi è che comanda in ultima istanza.

L’Amministrazione Trump, dopo aver ridimensionato gli uffici di Banon, ha preso posizione all’Onu inel senso di riequilibrare uno sbilanciamento geopolitico nell’area che a loro giudizio evidentemente di stava costituendo, comunicando urbi et orbi un concetto molto preciso:
va bene fare tutti insieme la lotta agli integralisti islamici, e va bene che la Russia non debba essere più isolata, ma tutti devono tenere presente lo slogan che rimbomba nella democrazia più forte del Mondo: America First.

Non è stato per niente un caso se Trump, accingendosi a trascorrere una giornata a casa sua a Palm Beach con il leader della Cina, discutendo di materie importantissime e delicatissime anche più della questione siriana, en passant, abbia lanciato 56 missili atti a sviscerare un concetto che non è rivolto solo ai 300 milioni di americani che lui rappresenta e che, sempre nella sua testa, costituiscono il popolo all’apice politico del Mondo. Il concetto, peraltro uguale a quello che c’era nella testa di Ronald Reagan, a cui Trump si ispira, è quello dell’America First.

GianMarco Landi