Torino – A quanto si apprende il ministro della Giustizia Andrea Orlando tramite l’ispettorato ha chiesto accertamenti preliminari sull’assoluzione di un uomo, sposato, accusato di aver stuprato una collega, dipendente della Croce rossa. Un caso che ha fatto scalpore perché, nelle motivazioni della sentenza, il tribunale di Torino ha spiegato di aver ritenuto inattendibile la versione della donna perché durante l’aggressione lei non avrebbe gridato, ma si sarebbe limitata a dire ‘basta’.
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“Il fatto non sussiste”: con questa motivazione il tribunale di Torino ha assolto un uomo di 46 anni dall’accusa di violenza sessuale nei confronti di una donna che gli aveva intimato di smettere di palpeggiarla.
“Il fatto non sussiste” perché lei gli ha soltanto intimato di smetterla, senza gridare, chiedere aiuto o reagire violentemente: insomma, la sua reazione alle molestie è stata “debole”.
Il fatto è riportato dalla 27esima Ora del Corriere della Sera e risale al novembre del 2011 in vari ospedali del capoluogo piemontese, dove un dipendente della Croce Rossa ha molestato più volte la sua collega, più giovane e assunta molto più di recente.
La donna “non urla” quando tenta di spogliarla. “Non riferisce di sensazioni o condotte molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori in qualche parte del corpo”.
Quando le viene chiesto cosa ha provato risponde “disgusto”, “ma – scrive la presidente di sezione – non sa spiegare in cosa consisteva questo malessere”. E – rimarca la corte – “non solo non grida, non urla e non piange, pare abbia continuato il turno dopo gli abusi”.
Il racconto della donna, inoltre, stando ai giudici, sarebbe “inverosimile” anche perché non lo ha raccontato a nessuno.
L’imputato, – si legge sul blog del Corriere – che secondo la versione della parte lesa l’avrebbe costretta a presunti rapporti sessuali “come pegno per poter continuare a lavorare” ed evitare turni scomodi o in luoghi come il Cie, non ha mai negato i palpeggiamenti e alcune effusioni, ma ha sempre sostenuto che la collega fosse consenziente.
L’uomo ha respinto l’accusa di minacciare la crocerossina e si è dichiarato vittima di un procedimento penale che gli avrebbe rovinato la vita familiare e lavorativa.
Secondo il suo legale, “la credibilità di lei era gravemente compromessa da una quantità di contraddizioni e illogicità”, ma per il pm che valuterà il ricorso in Appello, l’uomo avrebbe “approfittato della fragilità della vittima e del suo ruolo di indubbia supremazia nella Croce rossa”, mentre il fatto che lei abbia taciuto l’episodio non rende meno attendibile il suo racconto.