Nel 2016, secondo le prime stime pubblicate dal quotidiano Il Sole 24 Ore – le uscite contabilizzate per per gli interessi sul debito pubblico sono state di 66,5 miliardi
Nel “Rapporto sui fattori rilevanti” che influenzano la dinamica del debito pubblico inviato a Bruxelles il 1° febbraio scorso insieme con la lettera del ministro Pier Carlo Padoan al vicepresidente Valdis Dombrovskis e al commissario Pierre Moscovici, si indicava – si legge sul giornale della Confindustria – un calo del 4% degli oneri per interessi tra il 2015 e il 2016 (dal 3,20% al 3,06%) e una ancor più significativa riduzione del costo marginale all’emissione, caduto del 21% dallo 0,7% nel 2015 allo 0.55% nel 2016, una differente velocità di riduzione spiegata dalla struttura del nostro debito, caratterizzato da una presenza significativa di titolo di lunga durata (la vita media è di 6,7 anni).
Sia in quel documento sia nelle Linee guida per la gestione del debito nel 2017, pubblicate il 23 dicembre scorso, si sottolineava come l’allungamento della vita media del debito sia riuscito ad attutire gli impatti di un innalzamento anche repentino della curva dei tassi e come, per un altro verso, anche grazie al Quantitative easing annunciato dalla Bce nel gennaio del 2015 il peso degli oneri per interessi si sia via via attenuato.
L’Italia come gli altri paesi dell’Eurozona, continua a beneficiare degli effetti del Qe, che prevede acquisti mensili per 80 miliardi fino a marzo per poi scendere a 60 miliardi. La dinamica della minor spesa per interessi – sottolinea Il sole 24 Ore – fa ben sperare in prospettiva, visto che quest’anno le esigenze di finanziamento saranno superiori. Le scadenze 2017 sono pari, infatti, a poco meno di 216 miliardi di euro (escludendo i BoT), ossia oltre 30 miliardi in più del 2016, di cui circa 3,3 miliardi derivanti dal programma estero. (askanews)