MILANO 24 Feb – Per ragionare e decidere sulla spesa sanitaria va fatta una premessa: nei paesi industrializzati, aumentare la spesa sanitaria non significa affatto ottenere un miglioramento di salute. La sanità è infatti solo uno dei determinanti della salute e tutti gli studiosi concordano che il suo effetto è minore rispetto agli altri (stile di vita, ambiente socio-economico, patrimonio genetico). Per un paese avanzato come l’Italia – con una spesa sanitaria annua di circa il 9,5 per cento del pil, oltre 140 miliardi di euro – i dati mostrano che aumenti di spesa sanitaria garantiscono solo le logiche interne della sanità; hanno effetti trascurabili sulla salute e anzi sono oggettivo ostacolo alle esigenze di cambiamento, garantendo l’assetto vigente, cioè una composizione dimensionata su vecchie esigenze di salute e sulla tutela di corporazioni e interessi concentrati.
La situazione richiama quella dei forestali della Calabria, che sono presenti
nella maggior concentrazione al mondo senza che la tutela dei boschi ne abbia
risentito in modo positivo: invece di essere la soluzione si sono trasformati
nel problema. Per costringere il sistema sanitario a cambiare e per tutelare
salute e diritti dei cittadini è necessario che non si dia un euro in più alla
spesa sanitaria ma che sia rivista la sua allocazione nei vari settori secondo
le sole esigenze di salute. Recenti ricerche del centro studi Cerm hanno
quantificato in oltre 10 miliardi di euro annui il risparmio di spesa sanitaria
ottenibile se tutte le regioni adottassero comportamenti mediamente efficienti
(italiani, non svedesi!).D’altra parte basta osservare che le regioni italiane
che producono i maggiori deficit sanitari sono quelle che offrono i servizi più
scadenti: spendere e fare deficit non tutela la salute, anzi la minaccia. E in
quelle regioni (praticamente dal Lazio in giù) c’è un esodo di centinaia di
migliaia di profughi sanitari che cercano di sbarcare in strutture sanitarie
decenti di altre regioni; non sono poveracci ma i più ricchi o i meglio
informati. Cosa fare per tutelare contemporaneamente i soldi dei contribuenti e la salute dei cittadini?
Subito le seguenti cose:
1) Portare la spesa ospedaliera dal 48 al 40 per cento della spesa sanitaria
totale (come molti altri paesi) e investire in centri e servizi di cure
primarie e di assistenza extraospedaliera aperti dalle 8 alle 20. Nel 2008, su
oltre 22,4 milioni di accessi al Pronto soccorso solo per il 16 per cento è
seguito il ricovero; anche altre indagini mostrano che circa l’80 per cento
degli accessi al Pronto Soccorso è inappropriato. Il patologico e assurdo
intasamento dei Pronto Soccorso deriva dal fatto che non ci sono alternative
all’ospedale: è come organizzare il trasporto merci con auto di F1.
Contestualmente restituire gli ospedali per acuti alla loro originaria
funzione, evitando milioni di ricoveri “inappropriati” e inutili, che rendono
difficili quelli “veri e necessari”.
2) Impedire che i partiti (di destra e
di sinistra) considerino i Direttori generali delle Aziende sanitarie come i
veri “segretari di partito” sul territorio, per il controllo di nomine, appalti, assunzioni: una gioiosa macchina da guerra per il consenso e contro la salute dei cittadini. Un esempio? Il numero di medici per abitanti nel nostro paese è alto, il 50-100 per cento in più di altri paesi (Francia, Giappone, Stati Uniti, Canada). Basterebbe una semplice legge nazionale che preveda che
titoli e graduatoria dei candidati a Dg siano fissati dalle maggiori società
internazionali di selezione del personale.
3) Stabilire che siano nominati commissari per la sanità delle regioni in forte deficit non i maggiori responsabili del disastro (cioè i presidenti di regione e le loro maggioranze) ma esperti che non abbiano avuto incarichi da almeno 10 anni nella regione;da tempo è in corso una gara per decine di miliardi di euro a chi ha il deficit e il debito più grandi fra i presidenti di Lazio,Campania, Puglia, Calabria, Sicilia etc.E’ come affidare il giudizio su un crimine al maggiore imputato
4) Attuare un sistema di valutazione dei principali servizi e strutture sanitarie
e renderne disponibili i risultati, in modo che i cittadini possano scegliere
responsabilmente, decretando successi e fallimenti e costringendo il sistema a
cambiare alla luce del sole. Valutare per conoscere; conoscere per scegliere;
scegliere per tutelare la propria salute e governare il sistema. Anche
l’obbligo di certificazione dei bilanci sanitari è norma semplice e di facile
realizzazione:quanto meno permetterebbe l’associazione della quantità del
deficit al nome del responsabile.. Quanto costano queste riforme? Niente,anzi
fanno risparmiare miliardi di euro l’anno e, cosa non trascurabile, difendono
la salute dagli interessi di questa gestione della sanità. Sanità e salute sono
due concetti diversi, così come politica e partiti. Finanziare senza regole i
secondi non significa assicurare buone politiche per il paese,ma alimentare il
debito pubblico .
Marcello Crivellini
Docente di Analisi e organizzazione di sistemi sanitari al Politecnico di
Milano, autore di “Sanità e salute” (FrancoAngeli, 2011),