L’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani è un’impostura sunnita con sede a Londra

 

Chi parla di conflitto civile in Siria, mente. In realtà da quelle parti è in corso una guerra internazionale contro lo Stato e il suo governo legittimo. IL GIORNALE

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A dimostrarlo sono le organizzazioni, “siriane” solo di facciata, che da 4 anni operano nel quadro globale della destabilizzazione del Vicino e Medio Oriente: Il Consiglio Nazionale Siriano (reparto diplomatico), l’Esercito Libero Siriano (reparto militare) e l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani (reparto mediatico). Tutti e tre i coordinamenti sono stati creati a tavolino fuori dai confini siriani. Il CNS che rappresenta la principale coalizione dei gruppi di opposizione in esilio è stato fondato a Doha (Qatar) l’11 novembre 2012 ed è presieduto da un certo Khaled Khoja, un uomo che ha sempre vissuto fuori dalla Siria. L’ESL (finanziato, armato e addestrato fin dall’inizio da Giordania, Turchia, Stati Uniti e Arabia Saudita) invece sarebbe formato da disertori dell’esercito regolare e mercenari che si è costituito caso vuole a Istanbul il 29 luglio del 2011 ma che oggi è confluito o collabora con gli altri gruppi terroristici dominanti nel Paese come Al Nusra, Al Sham e Isis.

Infine c’è l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (OSDH), di cui si parla poco nonostante il suo ruolo centrale nel conflitto, vale a dire un organo d’informazione fondato nel 2006 da Rami Abdel Rahman con sede a Coventry, in Inghilterra. “Gli analisti militari di Washington si affidano al suo bilancio di soldati e ribelli uccisi per valutare l’evoluzione della guerra. Le Nazioni Unite e le organizzazioni di difesa dei diritti umani rovistano tra i suoi racconti di uccisioni di civili per trovare prove da utilizzare in caso di processo per crimini di guerra. I grandi media citano i suoi dati, noi compreso” ha scritto il New York Times nell’aprile 2013 a proposito dell’OSDH, lo stesso “osservatorio a senso unico” che in questi anni di conflitto ha accusato il governo di Bashar Al Assad di essere responsabile di qualsiasi atrocità, dall’uso delle armi chimiche contro i civili al massacro di Houla, successivamente smentite con prove incontrovertibili dalle fonti governative.

Ma si sa che spesso dietro al “diritto-umanismo” c’è l’impostura. Rami Abdel Rahman, imprenditore sunnita di 42 anni, fuggito dalla Siria nel 2000 con l’aiuto di trafficanti, è praticamente un “one man band” che raccoglie e trasmette opinioni, statistiche, notizie e conteggio dei morti (civili e militari) dalla sua casa di Coventry, una città industriale sperduta nell’Inghilterra. Sul suo conto girano tante voci, lui però dice di essere vicino ai Fratelli Musulmani, i principali nemici della Siria baathista ai tempi di Hafez Al Assad il quale negli anni Ottanta gli ha combattuti e resi illegali nel Paese. Tuttavia sempre il New York Times ha rivelato che le operazioni di Rami Abdel Rahman sarebbero in effetti finanziate da un “Paese europeo” che però non è indicato. Non è difficile immaginare quale sia: probabilmente l’Inghilterra. Una foto di dominio pubblico del 21 novembre 2011 lo immortala mentre lascia il ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth dopo un incontro, pare, col ministro William Hague, con avrebbe ottimi rapporti da anni. Inoltre il NYT rivela che è stato in realtà proprio il governo inglese a sistemarlo a Coventry dopo la fuga dalla Siria.

Da quando l’aviazione russa ha iniziato i raid – dal 30 settembre ad oggi se ne contano più di mille – l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani non ha smesso di infangare la campagna militare del Cremlino, tacendo volontariamente sulle operazioni militari della Coalizione Internazionale guidata dagli Stati Uniti. Nemmeno una parola in quattro anni sui campi di addestramento in Giordania e in Turchia, sui finanziamenti dei gruppi terroristici, oppure sulla provenienza delle armi da fuoco. Secondo l’OSDH, dopo Bashar Al Assad, c’è un altro colpevole: la Russia. Sarebbe Mosca a favorire l’avanzata dell’Isis, colpire i “ribelli democratici”, ammazzare i civili con i suoi bombardamenti aerei. Parola di Rami Abdel Rahman.