“Renzi si vergogna della Polizia di Stato, fa nascondere gli agenti”

 

sap-Tonelli

Il premier Renzi si vergogna della Polizia di Stato, ormai è un dato di fatto. Dopo la presidente della Camera Laura Boldrini, che fa nascondere gli agenti durante le manifestazioni in cui lei è presente, ora è il presidente del Consiglio a umiliare la divisa. Una divisa simile a quella che, ricordiamolo, lui sfoggia con orgoglio durante le sue visite in Afghanistan o nei vari teatri operativi in cui, ad esempio, sono impegnati i soldati italiani.

“Il disprezzo verso i colori della nostra divisa – spiega il segretario del Sap (sindacato autonomo di Polizia) Gianni Tonelli – sembra sia diventato un ‘must’ di questo governo. Infatti premier, ministri e presidente della Camera non perdono mai l’occasione per umiliare la Polizia di Stato in occasione delle loro visite in giro per l’Italia.

Sabato scorso, durante il suo giro propagandistico a Genova, ai colleghi in divisa è stato chiesto di non ‘essere visibili’, sottintendendo ovviamente il volere del premier”. Come detto, questo è un atteggiamento che si ripete con questo governo, e che ovviamente lascia l’amaro in bocca ai poliziotti i quali si sentono invisi a chi, di fatto, garantiscono la sicurezza.

L’episodio precedente risale al 24 ottobre a Pisa, quando i colleghi del Reparto Mobile di Genova segnalavano lo stesso atteggiamento da parte del ministro della Difesa Roberta Pinotti. “Credo – prosegue Tonelli – sia giusto stigmatizzare ancora una volta un atteggiamento assolutamente irriguardoso nei confronti di gente che lavora, anche alle intemperie (sabato scorso anche al freddo), in divisa ordinaria.

Evidentemente – conclude il segretario del Sap – non ama così tanto chi ogni giorno lavora per garantire sia la sua sicurezza che quella dei cittadini italiani. Se proprio dobbiamo stare nascosti, Renzi chieda ai questori di non impiegarci, o di farci indossare abiti civili e piumini. Oppure si difenda da solo da eventuali rischi. Perché a esser coperti come le statue di Rohani ai musei Capitolini noi non ci stiamo”. (AGENPARL)