La Russia resta un mercato strategico per la pasta italiana, la più importata nel 2015 con 29mila tonnellate e un controvalore di 28,6 milioni di euro. Ma embargo e crisi del rublo hanno frenato la crescita a doppia cifra degli ultimi 6 anni, come fa notare l’Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiane).
Rispetto al 2014 abbiamo esportato il 52% in meno, tornando su volumi e valori di cinque anni fa. Secondo i dati diffusi dall’Aidepi, in vista del World Pasta day che si celebra il 25 ottobre a Mosca, solo tra il 2006 e il 2010 le esportazioni italiane all’ombra del Cremlino erano aumentate del 74,5% in valore. E il trend in calo si riconferma anche nei primi 7 mesi del 2016: erano 18mila le tonnellate di pasta italiana esportate in Russia da gennaio a luglio 2015, mentre sono state 12mila nel primo semestre di quest’anno (-31%).
Senza contare che la Russia è anche un ‘traino’ per paesi limitrofi come Bielorussia, Moldovia, Kazachstan, Lettonia e Armenia, che nel 2015 hanno importato complessivamente circa 7mila ulteriori tonnellate di pasta italiana.
“In Russia – avverte – la pasta è considerata una scelta sana, naturale accessibile a tutte le categorie sociali e a basso impatto ambientale. La complessa situazione geopolitica ha bruscamente interrotto la crescita del nostro export verso questo Paese, ma noi pastai nella Russia continueremo a crederci e a investire. Ci sono ancora margini per rilanciare questo mercato e tornare a crescere”.
“La pasta è da sempre un asset importante nel paniere di prodotti agroalimentari che l’Italia esporta sul mercato russo, veicolando non solo ottime proprietà nutritive ma una parte importante della storia e cultura culinaria del nostro Paese. Non a caso siamo storicamente il primo fornitore della Federazione”, afferma Pier Paolo Celeste, direttore dell’Agenzia Ice di Mosca. (Labitalia)