Danilo Quinto perseguitato dai Radicali

 

di Danilo Quinto

La notizia è di qualche giorno fa. Non so se interessa a qualcuno, ma ho deciso di renderla pubblica perché è giusto che sia così. Ringrazio chi mi consente di farlo.

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Subirò un processo per diffamazione per aver scritto nel mio primo libro di oltre 4 (quattro!) anni fa, Da servo di Pannella a figlio libero di Dio, espressioni del tutto innocue, che chiunque può giudicare.

Non è il primo processo che subisco per una denuncia dei radicali. Ne fecero un’altra, subito dopo l’apertura della causa di lavoro nei loro confronti – che poi naturalmente persi, senza vedermi riconosciuti i miei diritti. In quell’occasione, fui condannato a 10 mesi, con pena sospesa e non menzione, per appropriazione indebita. L’accusa era quella di aver sottratto le somme dei miei stipendi, sulle quali ho pagato le tasse, rispetto alle quali chi le ha erogate non aveva mai fatto nessun rilievo negli anni in cui ero Tesoriere. I bilanci erano stato approvati dai congressi con le relazioni dei revisori dei conti. In giurisprudenza si chiama consenso dell’avente diritto. Affrontai il processo, chiedendo l’anticipo della discussione dell’appello, rinunciando di fatto alla prescrizione.

Che strano… Ho chiesto 10 anni fa alla Procura di Roma di accertare se corrispondesse al vero il fatto – rispetto al quale ho fornito documentazione – che i radicali nel 1999 hanno usato denaro destinato dallo Stato per la loro Radio (10 milioni di euro all’anno, con appelli firmati da quasi tutti i parlamentari cattolici, gli stessi che partecipano alle adunate contro l’aborto e il matrimonio sodomitico) per svolgere le loro campagne elettorali. La denuncia fu archiviata. Che strano… Su questo non ho ricevuto nessuna querela. Che strano… sulla vicenda, venne anche presentata un’interrogazione parlamentare all’allora Presidente del Consiglio, Prodi, che non ricevette nessuna risposta. Che strano… Fu archiviata anche la denuncia che presentai 3 anni fa nei confronti di Pannella, che pubblicamente mi aveva accusato di “furti, non solo di verità, ma anche a nostro avviso di danaro e d’altro”, aggiungendo che “Lui continua, adesso, in quella opera”.

Non credo nella giustizia degli uomini, così come non credo negli uomini, neanche in quelli che si professano cattolici. Salvo poche, isolate eccezioni, mi hanno lasciato solo a combattere una battaglia di verità contro un’ideologia e contro un metodo che conosco molto bene e di cui sono stato per trent’anni protagonista. Quell’ideologia si è alimentata ed ha vissuto di complicità. All’interno e all’esterno della Chiesa e non solo. L’ho scoperto dopo, sulla mia pelle. Così, ho capito perché ha dilagato ed ha vinto. Perché pochi la combattono. Perché a molti giova.

Pannella è morto, ma la sua ideologia vive. Come ha fatto bene intendere l’allora portavoce del Papa quando l’ha ricordato con stima e simpatia, pensando che ci lascia una eredità umana e spirituale importante, di rapporti franchi, di espressione libera e di impegno civile e politico generoso, per gli altri e in particolare per i deboli e i bisognosi di solidarietà. Come ha indicato lo stesso Papa, con le sue telefonate e i suoi omaggi privati a Pannella e i suoi inviti alla grande italiana Emma Bonino. Che il Dio della Giustizia – non della Misericordia, che si vuole distribuire ad etti – perdoni queste bestemmie.

Assicuro le persone che mi stimano e che mi vogliono bene che io non mollerò. Anche se è dura non mollare. Non me lo posso permettere, per l’amore che porto per Gesù e per quello che mi ha insegnato. Ho compreso che essere di Gesù vuol dire vivere stranamente. E’ un continuo farsi fare dalla volontà di Dio, attimo per attimo. Senza farmi distogliere dalle cose di questo mondo – che passano tutte – desidero rimanere nella Sua sequela, perché una sola cosa so: senza di Lui, non si può fare nulla. Lo ringrazio per avermi dato il privilegio di condividere la Sua Croce, che sancisce un’appartenenza e consente di vedere da questa misera terra il Cielo.

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