Le mutilazioni genitali femminili (MGF), sono pratiche disumane che vengono eseguite principalmente in 28 paesi dell’Africa sub-sahariana.
Le MGF – escissione o clitoridectomia (taglio del clitoride) accompagnata dalla chiusura, quasi completa, della vulva (infibulazione) e cucitura delle piccole labbra – ledono fortemente la salute psichica e fisica di bambine e donne che ne sono sottoposte.
Migliaia di donne muoiono a causa di queste pratiche. Ogni anno nel mondo le bambine e le ragazze che rischiano di subire mutilazioni genitali sono circa 3 milioni (8.000 al giorno)
Si stima che nel mondo siano state sottoposte alla pratica 150 milioni di donne e in alcuni paesi le percentuali sono altissime: in Somalia il 98% delle donne risultano infibulate.
L’unica cosa che riamo riusciti a fare contro questa atroce violenza è quella di celebrare il 6 febbraio la Giornata Mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili.
L’Italia si è dotata di una legge che vieta esplicitamente le mutilazioni genitali femminili.
La legge n. 7 del 9 gennaio 2006 “Disposizioni concernenti la prevenzione e ildivieto delle pratiche di mutilazione genitale femminile” introduce il reato di “pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”.
Da un punto di vista repressivo, la legge prevede dai 4 ai 12 anni di reclusione per chiunque pratichi l’infibulazione; gli anni diventano 16 se la vittima è un minore. Per i medici scoperti a praticarla è previsto un massimo di 10 anni di cancellazione dall’ordine.
Dal punto della prevenzione, la legge prevede una serie di campagne informative, iniziative di sensibilizzazione, l’istituzione di un numero verde e corsi di perfezionamento anche specificamente dirette al personale sanitario oltre che alla popolazione immigrata. Ma nei fatti, si stima che in Italia vi siano almeno 40mila bambine/donne infibulate.
Armando Manocchia – – @mail