Il Burkini non è una moda che si sta diffondendo spontaneamente, ma è un’indicazione raccomandata in tutte le moschee occidentali ‘allattate’ dai petrodollari provenienti dalla penisola arabica. Il successo del burkini non è nelle donne che scelgono uno stile accollato piuttosto che uno scollacciato, ma in una decisione politica portata avanti dalla corrente islamica sunnita degli wahabiti, che comanda in Arabia, Qatar ed Emirati. Ricordiamoci che Osama Bin Laden era uno wahabita, e sebbene si fosse distaccato dalla sua comunità di origine per perseguire altre strade di affermazione dell’Islam in Occidente, il suo esempio ha fatto scuola sortendo organizzazioni come Al Qaeda e Al Nusra che hanno comunque legami con la radice del potere wahabita.
Il filone ideologico islamico dello wahabbismo ha un potere finanziario, politico e religioso enorme, benché esso domini in soli 3 Stati. Gli wahabiti attualmente competono con l’ISIS di Baghdad e Damasco nell’aspirazione di potere indirizzare gli islamici presenti sul nostro suolo, e negli ultimi 2-3 anni hanno lanciato la loro ‘OPA’ sul ‘mercato’ di tutti gli islamici disorientati dalla Primavera Araba.
La spinta ad indossare il burkini si inserisce in questo alveo geopolitico.
I wahabiti dopo la fine ingloriosa dei dittatori storici del Nord Africa e del partito Baath in Medioriente, come Saddam Hussein, Mubarak, Gheddafi, Ben Alì etc. etc. hanno maturato ancor di più consapevolezza del loro grande potenziale di intercettazione del sentimento islamico nel Mondo, al fine di guidarlo e così esercitare potere.
I wahabiti sono islamici molto particolari, ovviamente sanguinari e spietati come tutti i Salafiti, poiché il tratto peculiare del loro credo è l’accentuata valenza della Jihad, esattamente come tutte le correnti Salafite, ma la loro azione è permeata anche da raffinatezze occidentali.
Bisogna sapere che il movimento Wahabita si è sviluppato nel 1800 innestando elementi concettuali rintracciabili nel pensiero di Rosseau, ai fini però dell’affermazione della Tradizione Mussulmana originaria a cui si riferisce in maniera intransigente. Gli wahabiti oggi hanno un grande potere in Occidente, per non parlare dell’Africa, che sta crescendo sempre di più in modo inarrestabile e spaventoso. Questi wahabiti non sono esaltati esibizionisti fanatici dell’Isis che inneggiano a loro Dio mentre tagliano la gola e lasciano sgorgare il sangue, cosa che pure loro fanno come se bevessero un bicchiere d’acqua, infatti applicano la Sharia addirittura con afflato positivistico e giacobino estraneo all’Islam, ma perseguono di conquistare fette di potere su altre fette, agendo con lucida perfidia.
Solo ad esempio: la dinastia Saud comanda in Arabia la Saudi Aramco, il primo colosso petrolifero del Mondo da oltre 10 trillioni di dollari di capitalizzazione, cioè quasi 5 volte il debito pubblico italiano, e che soprattutto consente loro relazioni strettissime con le lobby petrolifere statunitensi. Il Qatar invece detiene tantissime partecipazioni azionarie importanti tra cui il 25 % di una banca top 5 al Mondo, l’HSBC, la prima per entità delle transazioni giornaliere perché versa in una posizione strategica nei flussi dell’alta finanza tra Hong Kong, Londra e New York. Per non parlare di Dubai, una città che in pochi decenni è diventata un centro finanziario potentissimo, tanto che oggi si relaziona alla pari con New York, Londra, Hong Kong e Singapore, avendo anche la forza di imporsi a scapito di piazze molto solide come quella di Francoforte, Zurigo o Parigi.
Dietro al Burkini non c’è quindi la volontà di una donna che sceglie di coprirsi, ma ci sono questi ‘lupi’ qui, i quali hanno dato input ai loro imam di far adottare tale divisa balenare per delimitare confini e possessi in Occidente, un po’ come fanno i cani quando ‘spisciottano’ in giro per la strada, perseguendo l’idea di delimitare un loro ambito di influenza.
Possiamo consentirglielo?
Si faccia attenzione: il termine costume non significa semplicemente indumento, significa nella sua radice profonda svelata dalla etimologia ‘custumia’, ovviamente latina, tributo solito, quindi anche un obbligo da parte di un singolo membro di una società politica che deve portare alla sua Comunità, a pena di essere cacciato o perseguitato.
Attenzione: non è solo la Società islamica che esige dei costumi di cui pretende il rispetto, perché anche la Società Aperta esige i suoi, con la stessa identica pretesa esclusiva.
Ed in effetti la pretesa insindacabile e indisponibile che la Società Aperta impone, è che ognuno ha il diritto e il dovere di vestirsi liberamente, esprimendo sé stesso in tutte le forme possibili, sulla base del presupposto che un singolo individuo ha un valore da esprimere, e nessuno deve permettersi di annullarlo o coartarlo, perché altrimenti si esprimerebbe un costume giustappunto contundente rispetto a quello preteso dalla Società Aperta.
Ed in effetti anche la Moda, di cui noi italiani siamo maestri, è un tributo dell’individuo alla Sua Società.
L’individuo, traendo ispirazione da quello che vede, dalla musica che ascolta e dal suo stato d’animo, attraverso un taglio di capelli, un profumo, dei vestiti e degli accessori, stabilisce il suo costume, cioè il suo tributo che intende portare alla Società Aperta in quel momento, e proprio in quel momento la Società Aperta celebra l’apice della sua sovranità, cioè nel momento in cui gli individui possono essere tali in Società. E’ sebbene sia vero che nella Società aperta nessuno può impedire di indossare un capo d’abbigliamento, è ancora più vero che tutti hanno il dovere di lottare e avversare le divise che simboleggiano la negazione della libertà di espressione individuale.
Per questo motivo il burkini è un capo contra legem (così come anche il burqa), poiché uno può scegliere di coprirsi con una palandrana e non mostrare i capelli, ma non può scegliere di negare o disprezzare l’individuo che lui rappresenta. Il burkini è la scelta di uniformarsi ad una divisa concepita per il solo ed unico scopo di obnubilare fisicamente il corpo che non può prescindere ovviamente dalla persona.
Il problema dello scontro bikini-burkini quindi è il problema di due Società politiche che pretendono due diversi ‘custumi’, cioè due tributi che sono antitetici, e che perciò l’uno esclude l’altro.
Gianmarco Landi