Quello di affrancarsi, con la “Brexit”, da vincoli soffocanti e mal concepiti -partoriti da burocrati europei il cui potere è assoluto perché sottratto al controllo popolare- è stata la cosa più saggia che gli Inglesi potessero fare prima che il sistema che sta ingabbiando i popoli d’Europa potesse produrre per loro effetti irreversibili.
Si è trattato di un voto assai sofferto e partecipato, come mai forse prima d’ora, che ha aperto una breccia nei muri della prigione, a vantaggio anche degli altri europei. Gli Inglesi hanno deciso di non rinunciare alla propria sovranità e di poter restare artefici del proprio destino, anziché consegnarlo nelle mani dei finanzieri e degli speculatori. Sono questi ultimi soprattutto a mordersi le mani e ad agitarsi, a far precipitare le borse. Si tratta però di economia fittizia, “di carta”, non di economia reale: quest’ultima si misura invece su ciò che viene realmente prodotto con il lavoro delle persone e non corrisponde minimamente agli alti e bassi determinati dalle speculazioni del mercato. A dispetto di quella che era la volontà dei Padri fondatori, la Comunità Europea si è trasformata in una camicia di forza per i cittadini, il cui status sempre di più si avvicina a quello di sudditi.
Le leggi europee diventano automaticamente leggi nazionali, senza poter essere discusse e razionalmente modulate per potersi adattare alle singole realtà. Per di più si tratta di leggi che tutelano la grande finanza e opprimono i lavoratori, spesso ridotti in condizioni insopportabili. Ciò produce effetti devastanti, legittimando sfruttamento ed emarginazione delle persone, private della dignità e ridotte a “unità” lavorative o a disoccupati.
Il Parlamento europeo è solo parvenza senza nessuna sostanza, dovendo ratificare decisioni prese da pochi non eletti e perciò esterni ad esso: il suo ruolo è assimilabile a quello di un attaccapanni o di un soprammobile. Le leggi vengono infatti dettate dai potentati economici, dalle multinazionali e dalle banche, sempre più propense a spolpare i cittadini ridotti a numeri e privati di qualsiasi voce. A decidere è la Troika, le cui ricette, essendo demenziali e rovinose a priori, lo sono ovviamente anche a posteriori.
Nessun filosofo o economista, da Adam Smith, a Karl Marx, a John Meynard Keynes, ha mai descritto ricette salvifiche come quelle della Troika, per esempio quella di ottenere un formale risparmio contabile attraverso i licenziamenti pianificati di massa o le mancate assunzioni, con conseguente aumento della disoccupazione, oppure quello di tagliare o preferibilmente azzerare gli investimenti pubblici, e magari anche i servizi pubblici.
Confondere l’economia “contabile” con quella reale porta decisamente sfortuna. Gli effetti li stiamo vedendo. Adam Smith sosteneva che più si lavora e più si crea ricchezza.
Impedire alle persone di lavorare perché ciò genera risparmio, considerando la moneta come un idolo da venerare anziché come mezzo per produrre lavoro, è una teoria sostenuta finora solo dalla Troika, e con evidenze non proprio esaltanti.
Gli Inglesi più anziani -che potevano confrontare la qualità di vita del passato, quando le regole erano altre, con quella attuale- hanno evidentemente avuto la percezione di un peggioramento e si sono espressi in massa per l’abbandono di regole europee ritenute deleterie non solo per sè, ma anche e soprattutto per le giovani generazioni. Penso infatti che nel prendere la decisione per il sì o per il no abbia giocato molto più l’altruismo e l’amore paterno che l’egoismo, nonché la consapevolezza che qualche svantaggio immediato possa essere largamente compensato da maggiori vantaggi futuri, ovvero che la medicina amara, trangugiata di mala voglia, è a volte necessaria per guarire.
Omar Valentini