BRUXELLES – “Oggi sono Beni”. Comincia così l’intervento ‘poco ordinario’ dell’eurodeputata Cecile Kyenge (Pd), che traducendo in italiano lo slogan ‘Je suis Beni’, si è idealmente identificata con la città del nord-est della Repubblica Democratica del Congo (RDC), dove da un anno e mezzo sono in corso scontri fra gruppi etnici per il controllo di un territorio ricco di minerali.
Davanti alla plenaria del Parlamento europeo, Kyenge ha parlato in prima persona a nome delle donne violentate nella regione. “Perché non ho chiesto a mio marito di accompagnarmi? Perché non ho deciso di far parte di quegli oltre 400mila connazionali che hanno lasciato il paese proprio per sfuggire a queste violenze? Si, ma per andare dove? In Europa, in Sudafrica? – si è chiesta l’eurodeputata – E se poi ci avessero rispedito indietro dicendo che non siamo titolari di protezione internazionale dove saremmo ritornati, a Beni?”.
“Però in fondo è un bene che fossi sola, così la mia famiglia è al sicuro, almeno per il momento. E poi ho risparmiato loro uno spettacolo disumano, queste bestie non si sono limitate a violentarmi, hanno infierito con lame e rastrelli e poi hanno completato l’opera bruciandomi. Ero ancora cosciente ma non ho avuto paura, ho pensato a voi, ai miei bambini, e tutto è finito in un attimo”, ha continuato Kyenge, che ha concluso: “cari colleghi, da ottobre 2014 a marzo 2016 nei territori di Beni, Lubero e Butembo 1200 persone sono state massacrate nell’indifferenza generale. Il rischio è il genocidio. È una vergogna. Nessuna impunità per i responsabili di questi massacri. A quando la giustizia?”.
Il gruppo S&D si è già fatto promotore di una risoluzione sui massacri nella regione Est della RDC, che chiede alla comunità internazionale, presente con la missione dell’ONU Monusco, di non assistere inerte ai massacri. ANSA EUROPA