Facile prevedere che godrà di cattiva stampa. Il controverso presidente delle Filippine Rodrigo Duterte ha vinto a maggio le elezioni dopo una campagna incentrata sulla sicurezza, una piattaforma programmatica in cui ha promesso di porre fine all’endemica criminalità entro sei mesi, uccidendo a vagonate i responsabili di gravi delitti come traffico di droga, assassini e stupri.
L’avvocato 71enne, caratterizzato da un eloquio politico da angiporto, ha deciso di mettere nel mirino anche la categoria dei giornalisti corrotti ai quali intende offrire la stessa ricetta prevista per i criminali comuni. Nel corso di una conferenza stampa nel suo feudo di Davao, Duterte ha infatti avvertito che i giornalisti che prendono mazzette o sono coinvolti in altre attività di corruzione meritano la morte.
“Solo perché siete giornalisti non siete esentati dall’essere eliminati, se vi comportate da figli di puttana” ha lanciato Duterte con il suo stile non propriamente britannico. “Non distruggete il mio paese, altrimenti vi ucciderò. Non distruggete la gioventù del mio paese, i nostri figli, altrimenti vi ucciderò” ha aggiunto parlando in generale the Duterte way contro i nemici delle Filippine.
L’Unione nazionale dei giornalisti filippini ha definito l’affermazione un’istigazione all’omicidio anche se ha riconosciuto l’esistenza del fenomeno corruttivo nei media, ma ha sottolineato che ciò non può bastare a giustificare la morte. Per far tacere la stampa Duterte ha dichiarato aperta la caccia dei giornalisti sia come individui sia come istituzioni, ha dichiarato l’organizzazione sindacale in un comunicato. askanews