Economist: i referendum aggravano i problemi, disturbano (l’oligarchia finanziaria)

 

LONDRA – “La democrazia diretta si sta diffondendo in Europa, e non e’ sempre un bene“, osserva in modo sarcastico il settimanale britannico The Economist, pubblicazione di riferimento dell’alta finanza internazionale e di ambienti direttamente legati ai vertici della Bce.

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“I referendum – prosegue l’Economist – dovrebbero rendere i cittadini più coinvolti nella politica e i governanti più responsabili. Se davvero fosse così, però, gli europei dovrebbero essere molto soddisfatti delle loro democrazie, quando invece sta accadendo il contrario. Senza contare la Svizzera, che ha una tradizione al riguardo, in Europa si vota tre volte di più che negli anni Settanta: il Regno Unito si prepara a votare sull’appartenenza all’Unione Europea, l’Olanda ha votato contro l’intesa commerciale tra l’Ue e l’Ucraina e intendono fare lo stesso con gli accordi con gli Usa e il Canada, l’Italia si esprimerà sulla riforma costituzionale e l’Ungheria sempre tramite referendum sul piano europeo di distribuzione dei rifugiati”.

“Nonostante cio’, gli europei sono lontani dalla politica e furiosi con i loro governi. La referendumania non ha frenato l’ascesa dei populisti, degli euroscettici e dei partiti anti-sistema” – osserva il settimanale, preoccupato.

Ed è davvero illuminante – per capire quanto l’alta finanza e le oligarchie di potere ad essa legate disprezzino i popoli e il loro inalienabile diritto di decidere il futuro – quanto scrive poco dopo l’Economist: “Le consultazioni popolari invece di risolvere i problemi spesso li hanno aggravati; e’ il caso, ad esempio, della Scozia, dove, dopo il fallito referendum del 2014 sull’indipendenza, il consenso del Partito nazionale scozzese è quadruplicato, preannunciando un nuovo scontro. Lo strumento referendario è complesso: può essere utile in caso di quesiti chiari e solo di rilevanza locale (!) e unicamente in rare occasioni, puo’ mobilitare i cittadini su questioni epocali”.

Che rabbia, che frustrazione, dover fare i conti con la volontà popolare, per le oligarchie finanziarie, vero?

“La maggior parte delle volte, però, – continua l’articolo – il referendum produce cattive politiche. I casi peggiori sono quelli in cui ampi segmenti dell’elettorato non comprendono l’argomento. Nel 2015, ad esempio, il primo ministro della Grecia, Alexis Tsipras, ha indetto un referendum sull’accordo di salvataggio offerto al paese dai creditori; i cittadini, non comprendendo che il rifiuto avrebbe comportato il default, hanno votato “no”.

Ci sarebbe da ridere, per quel che scrive l’Economist, non fosse che questo disprezzo per la gente, per i cittadini, per chi ha diritto in democrazia ad esprimere le proprie idee, accomuna l’intero mondo finanziario e le oligarchie burocratiche della Ue. Definire chi ha detto “NO” alla Troika in Grecia – oltre il 65% dei greci – un cretino che non “capisce” la “bontà” delle turture a cui la Troika ha sottoposto e sottopone la Grecia, è di una arroganza che andrebbe smorzata a legnate.

“Gli olandesi hanno detto no all’intesa con l’Ucraina, ma non servira’ se gli altri 27 paesi membri dell’Ue decideranno diversamente” – prosegue l’Economist mostrando una profonda ignoranza dei trattati Ue al riguardo, dato che a differenza della stupidaggine che scrive, l’opposizione olandese concretamente blocca tale intesa, come ha detto perfino Juncker.

I voti referendari ignorano la logica del compromesso – conclude questo articolo-sfogo dell’Economist – e possono portare a politiche incoerenti… Inoltre, rendono piu’ difficili le politiche transnazionali, come l’approvazione del TTIP (andata a remengo nonostante l’Economist abbia tifato per la firma di questo sciagurato trattato che spalancherebbe le porte dell’Europa alle multinazionali Usa). Un altro pericolo e’ che l’istituto referendario venga strumentalizzato da gruppi marginali per esercitare un’influenza fuori misura. Esistono dei correttivi, il quorum come quello italiano, del 50 per cento è un baluardo alla tirannia di pochi, (beata ignoranza dell’Economist: il referdnum costituzionale che si voterà ad ottobre proprio in Italia è senza quorum) ma spesso il referendum si rivela una forma di democrazia peggiore dei governi rappresentativi“.

E con questo, l’invettiva dell’Economist contro la democrazia referendaria che è fondamento del concetto di democrazia, finisce. E l’ottusità di questo settimanale è così grande, pari solo alla sua arroganza, da non aver capito che gettando la maschera come ha fatto, ha mostrato il vero volto delle oligarchie, delle elite finanziarie, dei circoli di potere, che meglio non si può.

L’Economist ha reso un servizio gigantesco alla democrazia, oggi: ha spiegato quanto non siano democratici i poteri che lui rappresenta. E lo ha fatto senza neppure avere il dubbio d’aver compiuto un errore madornale: dire esattamente cosa pensano questi fetenti dei popoli, della libertà, del diritto a decidere il futuro in prima persona.

Redazione Milano – IL NORD