Il primo ministro tunisino Habib Essid ha ordinato ai governatori sud-orientali del paese di creare delle commissioni “ad hoc” incaricate di seguire l’evoluzione della situazione in Libia. I nuovi organismi dovranno preparare un piano di azione – provincia per provincia – in casi di intervento militare straniero in Libia. Essid ha sottolineato l’importanza di prendere tutte le misure necessarie per assicurare il coordinamento e la complementarita’ tra le parti interessate. I meccanismi regionali lavoreranno in coordinamento con la commissione nazionale creata durante una riunione del Coordinamento per la sicurezza lo scorso 9 febbraio.
Allo stesso tempo il ministero della Sanita’ della Tunisia ha studiato un piano di emergenza per accogliere una possibile ondata di rifugiati e migranti in caso di eventuale azione militare dei paesi occidentali contro lo Stato islamico in Libia. Si tratta di segnali che testimoniano tutta la preoccupazione della Tunisia per le possibili conseguenze sul proprio territorio di un’eventuale azione militare dei paesi occidentali contro lo Stato islamico in Libia, che appare ormai sempre piu’ probabile.
Nei giorni scorsi il ministro degli Esteri tunisino, Khemaies Jhinaoui, ha dichiarato che il governo ha sviluppato una strategia per proteggere i suoi confini e aiutare i profughi in caso di intervento militare straniero in Libia. Lo stesso dicastero degli Affari esteri ha istituito un’unita’ nazionale per controllare i confini e assistere i cittadini libici in collaborazione con le organizzazioni delle Nazioni Unite.
Nel weekend l’esercito tunisino ha condotto una serie di manovre militari lungo la frontiera libica, in coincidenza con la realizzazione di un sistema elettronico per il controllo del confine. Le autorita’ tunisine hanno chiuso anche lo spazio aereo ai velivoli libici, scatenando le proteste del governo filo-islamista Tripoli, non riconosciuto a livello internazionale, che ha minacciato misure di ritorsione.
Il primo ministro tunisino, Habib Essid, ha presieduto martedi’ 9 febbraio una riunione dell’unita’ di coordinamento della sicurezza nazionale in cui si e’ deciso di “prendere tutte le misure necessarie” nell’eventualita’ di un’azione militare internazionale contro il sedicente “califfato” in Libia. L’ipotesi di un futuro intervento in Libia da parte di potenze straniere ha spinto le principali autorita’ tunisine, fra cui il presidente Beji Caid Essebsi, a prendere posizione rispetto ad un eventuale attacco contro lo Stato islamico in territorio libico.
Lo scorso 4 febbraio, il capo dello Stato tunisino ha precisato che prima di pianificare qualsiasi intervento militare in Libia e’ necessario “prendere in considerazione gli interessi dei paesi vicini“. “E’ nell’interesse della Tunisia, della regione e del mondo che la Libia sia unita e stabile”, ha dichiarato il presidente. Alle parole di Essebsi e’ seguita una dichiarazione del ministro tunisino per i Rapporti con il parlamento, Khalid Shaukat, che in una intervista pubblicata dal quotidiano panarabo “al Sharq al Awsat” ha dichiarato che il governo tunisino ha reso noto di non voler partecipare ad un’eventuale missione militare in Libia contro lo Stato islamico, aggiungendo pero’ di aver completato i preparativi umanitari e di sicurezza, in vista di una nuova guerra nella vicina Libia.
“La Tunisia non partecipera’ a nessuna guerra della Nato, quale che sara’ la motivazione e anche se l’obiettivo sara’ l’eliminazione dello Stato islamico”, ha sottolineato il politico, aggiungendo che Tunisi “prosegue i suoi sforzi con l’inviato delle Nazioni Unite in Libia e con le parti internazionali interessate, al fine di evitare uno scenario di guerra in Libia”. Oltre agli aspetti di tipo militare, come eventuali sconfinamenti di gruppi terroristici in territorio tunisino, il governo di Tunisi sta curando anche la questione umanitaria per accogliere un’eventuale nuova ondata di rifugiati e migranti in fuga dai combattimenti. Secondo Radhi Meddeb, attivista, economista e presidente dell’associazione Azione e sviluppo solidale, in caso di intervento armato in Libia oltre due milioni di persone (su 6 milioni di abitanti!) si riverseranno in Tunisia (che ha 100 milioni di abitanti).
“Oltre un milione di persone di 65 nazionalita’ hanno lasciato la Libia nel 2011 e sono stati accolti in Tunisia”, ha detto Meddeb all’emittente tunisina “Express”, ammettendo che l’intervento militare in Libia appare ormai inevitabile e che causera’ un grande flusso migratorio verso Tunisia, pari a circa 2 milioni di persone. Per l’economista le autorita’ dovrebbero prendere in considerazione la gestione della logistica di queste persone, senza risorse e in fuga della guerra, che andranno ad alimentare le gia’ fragili condizioni del paese e a pesare sul sistema tunisino. “La guerra contro lo Stato islamico sara’ lunga”, ha dichiarato Meddeb, precisando che la Tunisia dovra’ fare affidamento su aiuti internazionali per affrontare il conflitto che avra’ senza dubbio un impatto sulla sicurezza e la stabilita’ economica. L’economista e attivista tunisino ha lanciato un appello al governo affinche’ faccia pressione sulla comunita’ internazionale a fornire un alloggio per le persone in fuga dal conflitto, mettendo in guardia contro la potenziale infiltrazione di terroristi fra i rifugiati.
Il valico libico-tunisino di Ras Jedir ha gia’ registrato a inizio mese un cospicuo aumento del flusso in entrata verso il territorio della Tunisia. Lo scorso primo febbraio oltre 2.000 persone hanno attraversato il confine dalla Libia prima del coprifuoco notturno all’epoca in vigore nel territorio tunisino, rimosso poi il 4 febbraio. Spesso il valico di frontiera di Ras Jedir e’ rimasto chiuso per scontri con presunti contrabbandieri, terroristi e la mancanza di sicurezza e stabilita’ in entrambi i paesi. (AGI)
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