L’edilizia pubblica italiana non è più sufficiente ed a usufruirne è appena un terzo delle famiglie, pari a 700mila, in condizione di disagio. “Al di fuori dell’edilizia residenziale pubblica esiste un disagio economico che ha coinvolto nel 2014 1,7 milioni di nuclei familiari in affitto. Si tratta di famiglie che, versando oggi in una condizione di disagio abitativo (incidenza del canone sul reddito familiare superiore al 30%), corrono un concreto rischio di scivolamento verso forme di morosità e di possibile marginalizzazione sociale. A rilevarlo è l’indagine realizzata nella seconda metà del 2015 da Nomisma con la collaborazione di Federcasa che ha coinvolto un gruppo di Aziende per la Casa distribuite su tutto il territorio nazionale.
Si tratta perlopiù, rileva l’indagine, di cittadini italiani (circa il 65%), distribuiti sul territorio nazionale in maniera più omogenea rispetto a quanto le recenti manifestazioni spingerebbero a far pensare. “Se non vi sono dubbi che il fenomeno risulti più accentuato nei grandi centri, dall’analisi non sembrano emergere zone franche, con una diffusione che interessa anche capoluoghi di medie dimensioni e centri minori” affermano gli analisti.
In tale quadro, evidenzia l’indagine, la dotazione di edilizia pubblica si conferma del tutto insufficiente consentendo di salvaguardare poco più di 700.000 nuclei familiari, vale a dire 1/3 di quelli che versano in una situazione problematica. Rispetto al totale degli alloggi gestiti in locazione (circa 758 mila), nel 2013 risulta regolarmente assegnato l’86% degli alloggi su tutto il territorio nazionale (circa 652mila alloggi), mentre la restante quota del 14% risulta non assegnata o perché sfitta o perché occupata abusivamente.
Attraverso l’indagine realizzata nella seconda metà del 2015 da Nomisma con la collaborazione di Federcasa che ha coinvolto un gruppo di Aziende per la Casa distribuite su tutto il territorio nazionale, la fotografia degli aventi diritto ad un alloggio di edilizia residenziale pubblica vede una significativa presenza di cittadini italiani (88,3%) e la tipologia più ricorrente è rappresentata da persone sole o nuclei di due componenti. L’età della persona di riferimento del nucleo familiare è tendenzialmente alta (il 28,3% supera i 75 anni, il 19,6% è compreso tra 65 e 75 anni) e ha un reddito molto basso (il 44,4% guadagna in un anno meno di 10.000 euro). I tempi di permanenza negli alloggi di ERP sono abbastanza alti: il 49% vive lì da oltre 20 anni, il 28% da oltre 30 anni.
Da un confronto tra gli utenti Erp (i dati sono stati forniti a Nomisma dalle Aziende per la Casa che hanno aderito all’indagine) e la tipologia di domande accolte in graduatoria si evidenzia una domanda inevasa più sbilanciata verso i nuclei stranieri (37,3%), i nuclei pluri-componente (la percentuale arriva al 34,5% se si considerano le famiglie composte da 3-4 persone), i nuclei non anziani (con percentuali del 31,6% se si considerano le persone di età compresa tra 35 e 45 anni).
“A fronte della vastità del problema, le risposte pubbliche -evidenziano gli analisti di Nomisma e Federcasa- sono state fino qui complessivamente inadeguate”. “Una risposta seria, convincente e necessariamente pubblica al tema del disagio abitativo dovrebbe rappresentare un obiettivo ineludibile di un’azione di governo effettivamente riformatrice” incalza Luca Dondi, direttore generale di Nomisma.
“A ciò si aggiunga che, a conti fatti, le ricadute in termini di attivazione economica di un ipotetico piano casa potrebbero rivelarsi meno deboli e labili di quelle destinate a scaturire dagli sgravi fiscali sull’abitazione principale, di cui beneficeranno i proprietari a partire dall’anno prossimo. Ma se l’eventuale gap in fatto di crescita può essere tema di discussione, la differenza in termini di equità delle due opzioni è di tutta evidenza” osserva Dondi. ADNKRONOS
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