Situazione difficile peri Cristiani della Bosnia Erzegovina. Dei circa 820 mila che vivevano nel Paese balcanico prima della guerra nell’ultimo decennio del secolo scorso, ne sono rimasti solo 460 mila.
Fra le varie etnie le tensioni permangono e l’emigrazione dei cattolici continua, anche a causa dell’ascesa del radicalismo
islamico. Sulla situazione del momento, Massimo Pittarello ha intervistato mons. Pero Sudar, ausiliare e vicario generale dell’arcidiocesi di Sarajevo:
R. – La guerra è nata proprio a causa della non tolleranza e con lo scopo di dividerci etnicamente. Però, l’implementazione della Pace di Dayton si è manifestata nella continuazione di questa pulizia etnica, dato che acconsente alla divisione del Paese – della Bosnia Erzegovina – in due, cioè nella Repubblica Serba e nella Federazione. Tuttavia, in conseguenza degli Accordi di Dayton, i croati sentono di dover lasciare questo Paese non avendo più una forza politica che li incoraggi a rimanere qui, nonostante le difficoltà. Purtroppo, questa piccola comunità cattolica tende a determinare la propria scomparsa.
D. – La Croazia si appresta ad entrare nell’Unione Europea: quale sarà l’effetto nella regione?
R. – Noi speravamo che la Croazia, anche nel proprio interesse, sostenesse o potesse sostenere la nostra sopravvivenza, la sopravvivenza dei cattolici croati in Bosnia Erzegovina, perché noi siamo – in qualche modo – un legame tra due popoli più grandi. Potrebbe accadere che la Croazia, entrando nella comunità europea, rafforzi la frontiera con la Bosnia Erzegovina, abbandonando così i croati cattolici al loro destino.
D. – La diffusione dell’islam radicale, delle cellule wahabite, è un’operazione geopolitica con l’avanzamento della frontiera un Europa?
R. – Certamente, in questo momento nel mondo si avvertono molto queste tensioni, e tutte e due le parti utilizzano – purtroppo – la religione per scopi che non hanno niente a che fare con essa. Se l’islam intollerante avanza in Bosnia Erzegovina, le prime vittime ne saranno i nostri musulmani. Il problema fondamentale, qui da noi, è l’ingiustizia politica che entra a far parte della vita quotidiana. E in questo senso, purtroppo, collaborano bene i rappresentanti della comunità internazionale: qui qualcuno vuole che la situazione non si normalizzi. Penso che la Bosnia Erzegovina sia da salvare come un modello, come un esempio che testimonia che la convivenza è possibile e doverosa.
Radio Vaticana (gf)