28 gen. – La giustizia in Italia? Da record. E’ agli ultimi posti nel mondo: meglio di noi Gambia, Mongolia e Vietnam. Ma non solo. Abbiamo oltre 9 milioni di fascicoli arretrati che ci costano, per la parte civile, 96 miliardi in mancata ricchezza. Smaltirli farebbe schizzare il pil del 4,8%, ma basterebbe anche abbattere del 10% i tempi per guadagnare lo 0,8%. E poi i costi per le imprese: spropositati, il doppio che in Germania. Questa in sintesi la radiografia del sistema giustizia Italia che emerge analizzando dati e stime di Confindustria, Cprc e Banca Mondiale.
La lentezza dei processi frena la crescita per cittadini, imprese e investimenti esteri con costi enormi per il Paese. Ai fascicoli accumulati, che superano i 6 milioni, si devono aggiungere i 3,5 milioni circa di procedimenti penali. Le sole pratiche relative ai procedimenti civili pendenti occuperebbero una superficie pari a 74 campi da calcio grandi come San Siro. Una montagna di carta che, in termini economici, si traduce in quasi 96 miliardi di euro di mancata ricchezza.
L’abbattimento del 10% dei tempi della giustizia civile potrebbe determinare un incremento dello 0,8% del Pil, secondo l’ultima stima di Confindustria. “Abbiamo calcolato – spiega all’Adnkronos Edoardo Merlino, segretario generale del Centro per la prevenzione e risoluzione dei conflitti (Cprc) – che questa percentuale corrisponde in termini economici a un milione di cause civili pendenti”. Azzerare l’arretrato civile dunque farebbe guadagnare il 4,8% del Prodotto interno lordo pari a poco meno di 96 miliardi. Una missione ritenuta non impossibile se si guarda al ‘modello Torino’.
Da Viale dell’Astronomia a Confartigianato sono diverse le associazioni di imprenditori che chiedono un intervento del governo per recuperare competitività. Ma non solo: il presidente della commissione Giustizia del Senato, Filippo Berselli, chiede al ministro della Giustizia, Paola Severino, di affidarsi a magistrati manager contro i ritardi. Nel rapporto ‘Doing Business 2012′ della Banca Mondiale, l’Italia continua a perdere posizioni. E’ fanalino di coda in Ue e non va meglio il confronto con il resto del pianeta: 158esima su 183 paesi. Meglio di noi Gambia, Mongolia e Vietnam, impari il confronto con il Vecchio Continente. In Italia servono 1.210 giorni per tutelare un contratto, contro 394 in Germania, 389 in Gran Bretagna e 331 in Francia. Ben 692 giorni in più – equivalente ad 1 anno 10 mesi e 27 giorni – rispetto alla media di 518 dei paesi Ocse.
In Italia, inoltre, i costi legali sono spropositati. La quota in termini di assistenza legale e spese processuali, rispetto al valore complessivo della causa, è tra le più alte: circa il 30%, contro il 14,4% della Germania e il 9,9% della Norvegia. La Commissione europea sull’efficienza della giustizia calcola che lo Stato italiano spende per la giustizia 70 euro per abitante, a fronte dei 58 della Francia dove, peraltro, la durata media di un processo civile è la metà.
Non solo: le aziende straniere incassano i danni nel giro di 12 mesi, mentre quelle del Belpaese devono aspettare in media oltre 3 anni oppure accettare accordi al ribasso, mentre nel frattempo chiedono prestiti per sopravvivere. Abnorme la durata dei fallimenti, più di 10 anni in media, non è da meno la giustizia tributaria. L’incertezza frena così l’economia, oltre che accrescere il senso di ingiustizia.
Stime della Banca d’Italia indicano che “la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustizia civile potrebbe giungere a un punto percentuale”. Un deficit pubblico giudiziario tutto da sanare.
Sul Sud Italia pesa la maggior parte dell’arretrato, più di metà del totale nazionale. Qui la giustizia viaggia con il freno a mano tirato. La durata media di un processo civile ordinario di primo grado si triplica da Torino a Messina, da 500 a 1.500 giorni. A Roma i processi civili durano un terzo in più che al Nord dove, comunque, non mancano città ‘fuori media’.
Secondo alcune stime elaborate dal Centro studi Confindustria basate sull’eterogeneità geografica nella lunghezza dei processi di primo grado, le ripercussioni sullo sviluppo economico sono “rilevanti”: se nella provincia di Bari la giustizia civile avesse “la stessa efficienza che si riscontra nella provincia di Torino (-60% circa di durata dei procedimenti), la sua crescita economica nel periodo 2000-2007 sarebbe stata più elevata di 2,4 punti percentuali”.
La spesa pubblica complessiva per tribunali e procure, invece, supera i 7,5 miliardi di euro, la seconda più alta in termini pro-capite in Europa dopo la Germania. L’Ufficio studi di Confartigianato stima che la giustizia-lumaca sottrae agli imprenditori risorse per 2,2 miliardi di euro. Impossibile da quantificare i mancati introiti per la fuga degli investitori esteri, spaventati dai nostri ritmi giudiziari. E ad aumentare il deficit è anche la legge Pinto, applicata se non si rispettano i tempi ragionevoli di un processo. Un trend in pauroso aumento. Nel 2008 il danno per le casse dello Stato è stato di 81,3 milioni di euro, l’anno successivo è lievitato a 267 e nel 2010, assicurano gli esperti, ha superato i 300 milioni. Un rischio oneroso se si considera che le cause in corso, tra penale e civile, superano i 9,5 milioni. E la nostra litigiosità non ha eguali: più del doppio rispetto alla media Ue, da 10 a 20 volte in piu’ degli scandinavi.
Se la lentezza del processo sembra non frenare la voglia di giustizia, tra ricorsi, impugnazioni e cavilli cresce il popolo degli avvocati, circa 260 mila. In provincia di Milano ci sono tanti legali quanti nell’intera Francia. E le tariffe premiano chi firma più atti, non chi accorcia i tempi o evita i processi optando per la conciliazione. Così tra eterni rinvii che si rincorrono per i tre gradi di giudizio l’onorario cresce insieme all’arretrato. (Adnkronos)