Mangio carne rossa e fumo. E non smetto. Il salutismo è un morbo, un’ossessione

 

di Francesco Maria del Vigo

Mangio carne rossa, la accompagno con un bicchiere di vino. E, alla fine, dopo il caffè, mi fumo anche una sigaretta. Una delle tante. E continuerò a farlo. Alla faccia dell’Organizzazione mondiale della Sanitá. E probabilmente anche alla faccia della mia salute. Ma trovo inutile vivere una vita da malato per paura di ammalarsi. Il salutismo preventivo è a sua volta un morbo. Una ossessione. La malattia è una roulette russa, una lotteria al rovescio che non colpisce sempre secondo le regole della statistica.

carne

Ovvio che sia salutare osservare dei comportamenti virtuosi, ma di questo passo converrà ammazzarsi al primo raffreddore per evitare che arrivino altri devastanti virus. Così come solo il pavimento frena la caduta dei capelli, allo stesso modo la bara è l’unico vaccino – definitivo! – a sofferenze e malanni. Dobbiamo rassegnarci: a vivere. Senza ammazzarci di piaceri, ma anche senza ammazzare i piaceri. Senza barattare la vita osservata con quella vissuta, in base alla prescrizione di chissà quale menagramo in camice bianco.

Come diceva in un aforisma fulminante Woody Allen: “Ho smesso di fumare, vivrò una settimana in più. E in quella settimana pioverà a dirotto”. Volete vivere mangiando semolino in brodo e bevendo acqua naturale rigorosamente a temperatura ambiente? Giustissimo, ma non fate terrorismo sugli altri. Secondo le statistiche le principali cause di tumore sono quattro: tabacco, alcol, smog e cibo.

Vivo nelle polveri sottili di Milano, fumo sigarette, mi piace mangiare e non rinuncio a qualche bicchiere di vino. A rigore di logica ho le ore contate. Mi conviene salire su un taxi e farmi portare a Lugano in una di quelle cliniche dove ti mandano all’aldilà con una dolce punturina. Ma lì ci si va per cose serie, non per queste belinate. Cose che in questo Stato vaticanofilo impediscono di fare. Il problema è proprio lo Stato che, con la scusa della spesa sanitaria, si è rammollito da Patria a Matria e si diverte a metterci la maglia della salute e non pago ce la infila anche dentro le mutande. Ci mancavano solo questi dell’Oms, che è un’agenzia dell’Onu. Praticamente sono i caschi blu delle salamelle.

La fatwa contro la carne rossa dell’Organizzazione mondiale della Sanitá è un proclama terroristico, come ha ottimamente scritto Camillo Langone. Un allarme contro il buonsenso, la buona tavola e l’economia. E ora, se avessimo un po’ di sale in zucca (anche se il sale fa ritenzione idrica) dovremmo fare quello che molti – giustamente – hanno già fatto con il Pastificio Rummo. Cioè pubblicare sui social foto di mortadelle, salami, filetti, controfiletti, lombate e girelli, farci dei selfie mentre roteiamo, contro i fondamentalisti del veganesimo, nunchaku di salsicce annodati e fette di bacon. D’altronde Boccaccio, nel Decameron, descriveva il Bengodi come un posto dove è normale “legare le vigne con le salsicce”.

Ricordiamoci sempre che dietro le bistecche e gli insaccati ci sono aziende, imprese, famiglie e uomini. E io mi preoccuperei più della loro carne, che di quella del manzo. Togliamoci le fette di prosciutto dagli occhi. E mangiamocele.

dal blog di Francesco Maria del Vigo