BOLOGNA 24 gen – Manca una firma. Poi Bologna avrà la sua nuova moschea. Aperta ai musulmani di tutte le provenienze. Ed è su quest’ultimo punto che insiste Daniele Parracino, ex numero due del centro islamico guidato ancora da Radwan Altounji e futuro numero uno del suo, di centro islamico.
È quasi tutto pronto. C’è lo statuto della futura fondazione e la trattativa sull’acquisto dell’immobile è a un passo dalla chiusura: Parracino sta trattando sul prezzo. La nuova moschea dovrebbe quindi essere ospitata in una palazzina su due piani in via Agucchi: un piano dedicato alla sala della preghiera, l’altro alla biblioteca, alla sala congressi, al salottino per gli incontri interculturali. I dettagli del posto Parracino li tiene per sé, non solo perché la trattativa potrebbe non andare in porto, ma anche «perché in passato ci sono stati contestatori, all’inizio anche per noi sarà dura».
A settembre c’era stato il «divorzio» dal Centro islamico originario (membro dell’Ucoii), dopo mesi e mesi di silenzi e di divergenze, con Parracino che parlava di «cultura tribale» riferendosi a una parte dei suoi confratelli e Altounji che si difendeva sottolineando «l’impossibilità di unire tutti». E adesso eccoci qui. A distanza di mesi Parracino si è guardato attorno, ha chiamato a raccolta quanti abbracciavano le sue idee, si è messo a cercare una struttura idonea e ha lavorato per costituire una fondazione. Perché era proprio la fondazione la condizione indispensabile che il sindaco Virginio Merola, quando era ancora assessore all’Urbanistica nella giunta Cofferati, aveva posto per la cessione di un terreno al Caab.
All’epoca ci fu una sollevazione popolare, non se ne fece nulla, e allora Parracino ci ha pensato da solo. «Stiamo dando vita a una fondazione — spiega lui — di cui c’è già lo statuto: la vorrei chiamare “Ihsan”, che in arabo
significa “il massimo della trasparenza”». E non è certo un nome scelto a caso: «Costituendo una fondazione — dice Parracino — vogliamo garantire alla città e ai membri che frequenteranno il centro la massima chiarezza. Non abbiamo niente da nascondere, vogliamo fare delle attività aperte a tutte le confessioni religiose, insegnare l’italiano agli islamici che vivono qui e coinvolgerli in attività di volontariato sul territorio».
Parracino un passo in questo senso l’aveva già fatto, quando si mise a distribuire i pasti ai poveri (cristiani e islamici) che tutti i giorni vanno a fare la fila nella chiesa di San Giacomo Maggiore in via Indipendenza. Fu in quelle occasioni che il suo Centro islamico storse il naso. Lui invece nel direttivo della sua fondazione metterà fino a 15 membri di varie provenienze: «Pachistani, bengalesi, africani, occidentali: tutti troveranno la porta aperta da noi e non solo per la preghiera. Chi vorrà pregare, lo farà, altrimenti potrà partecipare alle attività culturali».
Il Comune non è ancora stato informato del suo progetto, ma lui è tranquillo: «La fondazione — dice Parracino — ci mette al riparo da qualunque tipo di problema. Prima, con il centro islamico, c’erano delle cose non molto chiare, è vero. Noi invece con la nuova moschea non potremmo essere più trasparenti di così». Trasparenza e apertura, continua a ripetere Parracino, che conta di riunire «tantissimi musulmani: ce ne sono migliaia che si
riuniscono per la preghiera del venerdì sera. Una parte verrà sicuramente…E poi vorrei venissero anche i cristiani, faremo incontri e dibattiti pubblici».
Ormai è allenato, Parracino che in Tunisia, da dove è appena tornato, ha collaborato con il nuovo partito vincente, an-Nahda: «Là, sembrerà strano, mi chiamano a fare proseliti nelle varie moschee: spiego a tutti come ho abbracciato l’Islam. Lo spiegherò anche ai bolognesi».
Daniela Corneo
Corsera 24 gennaio 2012