I tempi del delitto non tornano. In un lungo e dettagliato articolo apparso su Libero, Luca Telese fa il punto su quando emerso finora nel processo sulla morte di Yara Gambirasio. La tesi del giornalista, che cita diverse testimonianze dei teste, è che nel dibattimento gli indizi a favore di Bossetti non sono mancati. Anzi. Telese parla più volte di “colpo di scena”. Due in particolare “le prove” a favore del carpentiere.
YARA IN PALESTRA – Il giorno della scomparsa nessuno al di fuori della famiglia Gambirasio sapeva che Yara sarebbe andata in palestra. Il perito dell’ accusa, Mattia Epifani, racconta che Yara non aveva accesso a nessun social network. Ma se così fosse, sostiene Telese, la tesi dell’accusa non regge
Cade l’ idea dell’ appuntamento, cade, di conseguenza, l’ idea che conoscesse il suo assassino. Eppure gli inquirenti ne sono così convinti che l’ unico capo di imputazione che hanno risparmiato a Bossetti è “sequestro di persona”
I TEMPO DEL DELITTO – L’altro indizio chiave lo formisce Fabrizio Francese, l’ultimo uomo che ha visto Yara viva. Francese arriva alla stazione alle 18.24 e ricorda di aver ricevuto una chiamata della compagna alle 18.34. “Mi ha chiesto se riuscivo a prendere la bambina in palestra, ho guardato l’ora”. L’uomo corre in palestra e incrocia Yara nel corridoio: “Ci avrò messo in tutto dieci minuti”, racconta in aula.
Dunque “alle 18.44 Yara è ancora lì”. L’ultimo aggancio del cellulare di Yara è poi alle 18.55, a Brembate, in via Ruggeri. E da lì fino a Chignolo servono 45 minuti per andare e tornare.
Quindi Bossetti in una sola ora avrebbe dovuto immobilizzare Yara, andare a Chignolo, portare il corpo in mezzo a quei rovi, mutilarlo in modo osceno, correre per tornare indietro entro le 20.00.