Le metamorfosi del crimine organizzato sono sotto gli occhi di tutti così come la colpevole sottovalutazione del fenomeno da parte delle istituzioni. Una delle evidenti cause dell’attuale virulenza risiede, proprio, nello scarso impegno dello Stato nei confronti di questa multiforme realtà criminale.
Oggi, la criminalità organizzata di matrice economica e politica governa la maggior parte delle attività illecite tra le quali spiccano soprattutto il traffico internazionale di stupefacenti, la gestione degli appalti pubblici e delle grandi opere. Potendo contare su enormi quantità di denaro, le sue attività prevalenti non possono non essere la corruzione, la ripulitura e il reimpiego del denaro sporco.
Lo stretto legame tra organizzazioni criminali, economia e politica rappresenta un pericolo talmente grave da minacciare la stessa sopravvivenza delle istituzioni democratiche. Questo connubio ha una potenza finanziaria tale da poter persino ripianare il deficit del bilancio statale.
La domanda da porsi a questo punto è la seguente: come sia potuto accadere che queste organizzazioni criminali anziché avviarsi alla sconfitta hanno aumentato la loro aggressività e la loro pervasività? Siamo passati dalla “mafia imprenditrice” teorizzata dal prof. Pino Arlacchi, alla “mafia politica” che gestisce le principali attività produttive dell’Italia.
Mentre lo Stato – negli anni che vanno dalla morte di Falcone e Borsellino ad oggi – è restato immobile, le mafie si sono evolute e modellate con rapidità e flessibilità alle mutevoli esigenze dei tempi. Dalla fase stragista, attribuita a Riina in Sicilia, si è passati alla fase della mimetizzazione sociale, all’uso brutale della forza si è preferito l’uso delicato della corruzione.
Oggi le mafie sono addirittura in grado di legiferare perché eleggono i loro esponenti in Parlamento. Hanno forza, consistenza e indipendenza tali da poter dialogare e stringere accordi in posizione di netta supremazia.
Per esercitare al meglio questo potere le mafie hanno bisogno di personaggi estranei alle associazioni criminali. Per effetto dell’espansione degli affari soprattutto di tipo economico, hanno creato strutture operative non mafiose, sempre controllate dall’organizzazione criminale. Si tratta di organi molto articolati e complessi con ramificazioni soprattutto all’estero che, funzionano quasi in anonimato, consentono però alle mafie notevoli guadagni. I sistemi di riciclaggio e di reimpiego dei capitali si sono sempre più perfezionati sia a seguito delle maggiori quantità di denaro disponibili che della necessità di eludere indagini patrimoniali.
Mentre fino a pochi anni fa il sistema bancario rappresentava il canale privilegiato, oggi, è stato addirittura accertato il coinvolgimento di intere nazioni nelle operazioni di cambio di valuta estera. Non poche attività illecite delle mafie, come, ad esempio, gli appalti e le frodi comunitarie, hanno rappresentato il mezzo per consentire l’afflusso di ingenti quantitativi di denaro già ripulito all’estero. Il declino del crimine organizzato più volte annunciato dai vari governi succedutisi negli ultimi venti anni non si è mai verificato, e non è, purtroppo, nemmeno ipotizzabile. È vero che non pochi “boss” sono detenuti, tuttavia i “veri” vertici del crimine organizzato, alcuni dei quali siedono a Roma, non sono stati messi al tappeto.
Le indagini da qualche tempo hanno perso d’intensità e d’incisività a fronte di organizzazioni criminali che hanno complicità nelle alte sfere e sono diventate sempre più inattaccabili. I rapporti tra criminalità organizzata e centri occulti di potere costituiscono tuttora nodi irrisolti. Fino a quando non sarà fatta luce su moventi e mandanti dei nuovi e dei vecchi “omicidi eccellenti”, non si faranno passi concreti avanti. Le confische patrimoniali, molto temute dai mafiosi, languono e anche questo è un aspetto a dir poco preoccupante.
Non mi sento di avere titoli di legittimazione per censurare qualcuno né tantomeno per suggerire rimedi ma devo sottolineare che oggi la situazione generale, non ci fa essere ottimisti. Nella mia esperienza personale, noto un diffuso clima di rassegnazione e di abbandono oltre che dello Stato anche della società civile. Ritengo, quindi, mio dovere morale evidenziare che continuando a percorrere questa strada, nel prossimo futuro, saremo costretti a contrapporci ad una criminalità organizzata talmente forte da risultare addirittura invincibile.
Vincenzo Musacchio – Giurista e docente di diritto penale presso l’Alta Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio in Roma
Presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sulla Corruzione in Roma
Direttore Scientifico della Scuola della Legalità “Don Peppe Diana” – Roma
Editorialista de “L’Ora” di Palermo e della Gazzetta del Mezzogiorno