L’Isis ha distrutto parti del tempio di Bel, uno dei più importanti del sito di Palmira in Siria. Il 23 agosto, gli jihadisti avevano distrutto un altro tempio, quello di Baal Shamin. Le foto satellitari, diffuse nei giorni scorsi, hanno confermato la distruzione, il tempio è stato interamente raso al suolo.
Allo stato attuale non si conosce l’entità dei danni, ma le prime immagini diffuse sui social network dagli attivisti – riprese a distanza – mostrano una immensa colonna di fumo e polvere innalzarsi dalla città antica. Il tempio era dedicato a Bel (il “signore”), l’equivalente greco di Zeus, il Giove dei romani, venne consacrato tra il 32 e il 38 d.C.
“Tali atti costituiscono un crimine di guerra, e i responsabili dovranno rispondere delle loro azioni”, aveva dichiarato il direttore generale dell’Unesco, Irina Bokova, quando fu distrutto il tempio di Baal Shamin parlando di “una perdita considerevole per il popolo siriano e l’umanità” a causa del vandalismo estremista.
L’Isis ha preso il controllo dell’antica Palmira il 21 maggio scorso strappandola ai governativi siriani di Bashar al Assad. Da allora la “sposa del deserto” è stata teatro di numerose distruzioni di mausolei e altri reperti, ma anche di esecuzioni di massa e altri orrori. Compresa la barbara uccisione di Khaled al Asaad, 82 anni, uno dei massimi esperti siriani di antichità ed ex direttore del sito, decapitato in pubblico in una piazza di Palmira.
Testimone: “Rimasto in piedi solo un muro” – Solo il muro del tempio di Bel a Palmira è rimasto in piedi: “I mattoni e le colonne sono sparpagliate a terra”, “è una distruzione totale”. Lo riferisce un residente nell’area di Palmira, Nasser al Thaer. Una “violenta esplosione si è verificata nel pomeriggio di domenica, anche un sordo l’avrebbe potuta sentire”, aggiunge.
Ridicola, per non dire peggio, la soluzione dell’UNESCO che pretende di “salvare” il sito archeologico. E’ il solito business che non salverà proprio niente.
Le università di Oxford e Harvard hanno annunciato la nascita di un team formato dagli archeologi dei due atenei per “salvare” i monumenti minacciati dagli uomini del Califfo in Medio Oriente.
Come rivela The Times, gli archeologi hanno messo a punto un piano per “inondare” da fine settembre tutte le regioni a rischio, a partire dall’Iraq, con migliaia di piccoli droni a basso costo dotati di telecamere 3D per fotografare la maggior quantità possibile di reperti e opere. Un progetto da due milioni di sterline che è stato sviluppato dall’Institute for Digital Archaeology (IDA) di Oxford, che, insieme all’Unesco, spera di riuscire a raccogliere circa cinque milioni di fotografie entro la fine di quest’anno e ben 20 milioni entro il 2016.
I monumenti saranno distrutti con comodità dai jihadisti però, con due milioni di sterline, ci resteranno le foto. Sigh!