La settimana prossima si terrà il consueto biennale International Council Meeting di Amnesty International, durante il quale la famosissima Ong (Amnesty International è uno dei più grandi ostacoli ai diritti umani in tutta la Terra, ndr) farà approvare ai suoi membri una proposta rivoluzionaria: riconoscere la prostituzione come diritto umano. Potrà sembrare incredibile, ma è proprio così.
CONDIZIONE DEGRADANTE. Siamo sempre stati abituati a pensare che la prostituzione fosse una condizione degradante per la donna, che nella quasi totalità dei casi è costretta a finire sulla strada. Anche nei bordelli olandesi e tedeschi, dove la pratica è legalizzata, il 75 per cento delle donne è vittima della tratta di esseri umani. Non proprio una bella cosa, senza considerare poi che una volta legalizzata la prostituzione, è molto difficile distinguere tra le vittime della tratta e chi si dedica all’attività “volontariamente”.
SEX WORK. Ma dalla proposta di Amnesty International si scopre che non è così. Il termine “prostituzione”, intanto, deve essere sostituito con il più soft “sex work”, lavoro sessuale. Vietare o addirittura criminalizzare il “sex work” «viola i diritti umani di chi vende prestazioni sessuali» e aumenta di conseguenza «l’oppressione, la discriminazione, la marginalizzazione e la violenza» nei loro confronti.
«NO ALLO SFRUTTAMENTO». Ovviamente la ricchissima Ong continua a opporsi «al lavoro forzato e al traffico di esseri umani (incluso quello per motivi di sfruttamento sessuale)», nonché allo «sfruttamento sessuale dei minori», ma che cosa ha a che fare tutto questo con la prostituzione, o meglio con il «lavoro sessuale»? Niente, sempre secondo Amnesty International.
UGUAGLIANZA DI GENERE. Per seguire il ragionamento, non è la prostituzione a degradare e mettere a rischio le donne o i transessuali o gli uomini che vendono prestazioni sessuali, ma è la criminalizzazione della prostituzione che alimenta il pregiudizio nei loro confronti e la «cultura dell’impunità per chi commette abusi». La prostituzione, in realtà, è perfettamente in linea con la difesa dei principi «dell’uguaglianza di genere e della non-discriminazione» e non ha niente a che fare con il traffico sessuale.
NON SI RIDUCONO LE VIOLENZE. La proposta di Amnesty International fa acqua da tutte le parti. Come ricordato dalla Comunità Papa Giovanni XXIII, che aiuta le prostitute sfruttate tutti i giorni, al contrario dei membri della Ong, la legalizzazione della prostituzione, e figuriamoci il suo riconoscimento come diritto umano, aumenta la tratta perché fa aumentare la domanda e «non permette la repressione della tratta punendo gli sfruttatori, in quanto è un ottimo scudo dietro cui i trafficanti si possono mascherare». Inoltre, «non riduce gli abusi nei confronti delle donne. Infatti, il 60 per cento delle prostitute che operano nei Paesi Bassi (dove è legale, ndr) hanno subito violenza fisica, mentre il 40 per cento delle stesse ha dichiarato di aver subito violenza sessuale».
MA QUALI DIRITTI UMANI. Ma anche gli sbandieratissimi diritti umani dei “sex workers” legati alla sicurezza sanitaria vengono negati dalla legalizzazione. «Nello Stato di Victoria, in Australia, un cliente su cinque dichiara di voler avere rapporti sessuali non protetti. In Canada, il tasso di mortalità delle prostitute è 40 volte superiore alla media nazionale», continua la Comunità Papa Giovanni XXIII. Amnesty International, si chiede in sintesi il Guardian, «non sarà stata sequestrata dai sostenitori della tratta del sesso globale»?
@LeoneGrotti
Per Amnesty la prostituzione è un diritto umano | Tempi.it
… NOSTALGIA DELLE “CASE CHIUSE” – PRIMO PASSO.? PER ABROGARE LA LGGE.?.