E’ ufficiale, la UE vuole tappare il culo alle mucche e provocare una carestia

È più forte di loro. Anche nel mezzo della tempesta perfetta che rischia di spazzare via finanziariamente e politicamente le fondamenta stessa del Vecchio Continente, i fenomeni dell’Unione Europea devono trovare il modo non solo di provocare danni collaterali, ma anche di farli ricorrendo a quel peculiarissimo mix di ottusità, iperburocraticismo, correttezza politica e rifiuto totale di scendere a compromessi con il principio di realtà che da sempre il più autentico trademark delle decisioni prese sull’asse Bruxelles-Strasburgo. Anche nel mezzo dell’uragano greco, l’Unione Europea ha ritenuto di imporre ad agricoltori ed allevatori comunitari di mettere un bel tappo nel sedere di mucche e ruminanti in genere.

 

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Succede, quando ad Atene si sta per votare il famoso accordo con i creditori e quando l’Unione Europea quasi tutta segue col fiato sospeso gli eventi in diretta dal parlamento ellenico. Quasi tutta, perché c’è un meandro dell’edificio comunitario in cui i guai della Grecia non fanno né caldo nè freddo: la commissione Ambiente dell’Europarlamento. Dove tutti gli occhi sono per la nuova Direttiva comunitaria contro l’inquinamento. C’è l’effetto serra, c’è il riscaldamento globale, c’è l’emergenza ambientale: tutti temi su cui l’Unione non può far sentire la propria voce. All’uopo, il Commissariato per l’Agricoltura guidato dall’irlandese Phil Hogan ha predisposto un ambizioso piano con entrata in vigore nel 2030 consistente in vigorosa riduzione delle emissioni nocive.
Vigorose sì, ma non abbastanza per lo zelo ambientalista della Commissione. Che prende il piano e gli inietta una robusta dose di ricostituente draconiano: tra le altre cose, la data di esordio viene anticipata al 2025, si includono nel novero degli inquinanti da ridurre anche metano e ammoniaco, si includono nella platea dei soggetti chiamati a ridurre le emissioni anche agricoltori ed allevatori. Tanto l’inasprimento che persino l’autrice del rapporto – la conservatrice britannica Julie Girling – si rifiuta di votarlo. Le perplessità della signora vengono fatte proprie da Popolari e resto dei partiti di centrodestra, che cercano di stoppare la manovra. Tutto vano: il pacchetto passa e prende la via dell’aula, dove andrà in votazione al rientro dalla pausa estiva.

Il motivo di tanta perplessità è presto spiegato: l’inclusione di ammoniaca e metano e l’inclusione del settore primario nel piano è una mazzata micidiale: di ammoniaca abbondano infatti i più comuni fertilizzanti e concimi, e riconvertirsi in pochi anni ad altro prodotto ugualmente performante ma più eco-friendly può essere complesso. Se la soluzione del problema dell’ammoniaca è solo complessa, quella del metano però è impossibile. Massima fonte di produzione del metano, infatti, è l’apparato digerente dei ruminanti. E, a meno di ad ora non preventivabili balzi in avanti della bioingegneria, l’ipotesi che da qui al 2030 si riesca ad intervenire sugli intestini di mucche e capre onde farne fuoriuscire altro tipo di gas appare abbastanza remota. Non risultando percorribile neppure la pista – suggestiva, per carità – dell’occlusione artificiale dello sfintere dei poveri quadrupedi, di modi per evitare che le emissioni bovine ed ovine impattino l’atmosfera ne resta solo uno: la rimozione coatta degli animali dall’aria aperta ed il loro ricollocamento in strutture chiuse dotate di appositi strumenti in grado di neutralizzare i pericolosi gas. Una specie di via di mezzo tra la stalla e la saletta fumatori del ristorante, insomma.

Questo il quadro, che gli europarlamentari più sensibili alle ragioni degli agricoltori abbiano tirato su le barricate diventa comprensibile: la transumanza ecologicamente corretta imposta dall’Unione avrebbe costi tremendi per gli allevatori, che si vedrebbero costretti a rivoluzionare dalle fondamenta le proprie aziende e a farlo pure in fretta.

Ideologia, pastoie burocratiche, superfetazione regolamentare, disagio per il cittadino: gli ingredienti per una ennesima puntata del grande romanzo horror che va sotto il titolo di Unione europea ci sono tutti. Per sventare la minaccia, si può solo sperare che l’estate porti consiglio.

di Marco Gorra  – – LIBERO

CNN:  Sbugiardata la bufala dell’ONU sulle emissioni di gas degli allevamenti

Pierre Gerber, un funzionario delle politiche dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), ha ammesso che il report di cui era stato co-autore, “Livestock’s Long Shadow” [Ndr. “la lunga ombra degli allevamenti di bestiame”], esagerò l’impatto della produzione di carne nel contesto del cambiamento climatico.
In un documento presentato all’American Chemical Society, il Professore Frank Mitloehner della University of California-Davis, ha scoperto che gli scienziati delle Nazioni Unite hanno usato una metodologia scorretta per arrivare alla conclusione che il bestiame da allevamento crea il 18% di tutte le emissioni mondiali di gas serra – più di tutte le automobili, i camion, i treni e gli aerei del pianeta.
Gli scienziati delle Nazioni Unite hanno sommato tutta l’energia utilizzata in ogni stadio della produzione di carne, dai fertilizzanti per far crescere il foraggio al processo di impachettatura della carne, ha detto il Dr. Mitloehner, ma non hanno fatto la stessa cosa per il settore dei trasporti, includendo nei loro calcoli solamente le emissioni dei tubi di scarico.
Crescere il bestiame e i suini rappresenta solo il 3% circa di tutte le emissioni di gas serra negli Stati Uniti, ha detto il Dr. Mitloehner. “Produrre meno carne e meno latte significherebbe solamente più fame nei paesi poveri.”

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Capita ogni tanto di leggere o sentirsi spiegato da qualcuno che dobbiamo ridurre il consumo di carne.

Alcuni prendono questa posizione per motivi di etica perché contrari al’uccisione di animali, altri con l’argomento che fa male alla salute, e in più le mucche sono responsabili di gran parte del riscaldamento globale.

Scorreggiando annegano la polinesia.

Come esattamente dovremmo ammazzare i 3.5 miliardi di bovini più non so quanti miliardi tra pecore, capre e cammelli sfugge perché portare l’idea “ridurre le mucche” alla pratica di ammazzare almeno 5 miliardi di animali non lo può portare avanti nessuno per motivi di etica. Un po’ come succede con la sovrapopolazione. Che è poi il vero motivo perché ci sono tutti questi ruminanti in giro.

Tirando un po’ l’argomento bisogna puntualizzare che ammazzando tutti quegli animali morirebbero anche miliardi di persone, riducendo notevolmente la sovrapopolazione. Il motivo è duplice, i ruminanti sono i produttori per eccellenza di proteine nobili accettabili anche ai vegetariani. Solo i ruminanti tra tutti gli animali sono in grado di metabolizzare erbacce tremende in latte.

Poi senza i fertilizzanti prodotti da questi animali nel terzo mondo dove la zootecnica industriale sta lentamente prendendo piede ma è molto indietro rispetto all’OCSE, si perderebbe gran parte dell’agricoltura. Ci sarebbero carestie nazionali permanenti in gran parte dell’Africa, nel Medioriente e in Asia (eccezione Giappone) e certamente anche in tutto l’ex blocco sovietico.

Esattamente quello che vorremmo evitare direi.

Essendo noi esseri umani e non essendo possibile cambiarci il DNA in qualcosa che può vivere senza proteine nobili, ridurre i ruminanti avrebbe in realtà solo l’effetto di aumentare drasticamente la zootecnica di maiali e polli. Nessuno dei quali produce latte per i vegetariani. Riportare la produzione di latte cavallina ai livelli pre-industriali richiederebbe certamente 200 anni, durante i quali il vegetariano occidentale come specie si estinguerebbe nell’attesa.

Amico di ordine obietta che oggi nei paesi occidentali purtroppo non usiamo fertilizzanti dalla zootecnia, perché più facile fertilizzare con prodotti da miniera. Basterebbe aumentare la produzione industriale di azoto, potassio e fosforo, e anche nel terzo mondo avrebbero accesso a fertilizzanti non-bovine.

Per quanto riguarda l’azoto, è facile. Basta raddoppiare la produzione globale di gas naturale, o perché no, da carbone. Abbiamo i prezzi degli idrocarburi talmente repressi che queso ci regalerebbe delle opportunità di investimenti notevoli.

L’unico problema sarebbe il raddoppio delle emissioni di metano. Non esattamente l’effetto sperato dall’assassinio globale delle mucche.

Poi il fosforo. Come ho scritto recentemente abbiamo bisogno di più animali da zootecnica per la produzione di fosforo perché il fosforo da miniera è come tutti i prodotti da miniera una materia prima (non ancora) finita. Non ancora finita. Ammetto che oggi il letame prodotto della zootecnica non viene utilizzato nel modo giusto, ma il mondo intero si sta muovendo, o per produrre fertilizzanti di prim’ordine, o per produrre biogas per l’elettricità.

Per quanto riguarda il potassio invece siamo già abbastanza in crisi. Il nostro cibo occidentale pare ne contiene ormai pochissimo costringendoci a mangiare sempre più carne, figuriamoci nel terzo mondo dove gli agricoltori non se lo possono proprio permettere.

In poche parole, carestie, riduzione drastica della popolazione mondiale, crollo dell’agricoltura, e di conseguenza guerre, migrazioni di miliardi di persone anziché migliaia verso l’occidente. Tutto questo il risultato dell’assassinio delle mucche.

Nota: questo post doveva essere uno dei soliti post di numeri, cioè tonnellate di metano, conversioni in CO2 equivalenti, paragoni molecolari tra CO2 e CH4, paper citati che parlano di regressioni mucca/riscaldamento.. etcetc. Ma non ce ne bisogno. È talmente ridicola la nozione che ce la potremmo cavare proprio senza gli animali che ci hanno permesso di diventare 7 miliardi di persone, vivendo in simbiosi con noi da millenni.
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