di Vincenzo Merlo
In queste ultime settimane il mondo ha assistito alla contrapposizione frontale tra il premier ellenico Tsipras e la Cancelliera Merkel, protagonisti attuali (ed entrambi responsabili di errori devastanti) della vicenda greca. Ma, aldila’ dei personalismi, ho sempre ritenuto inevitabile che i nodi irrisolti dell’euro venissero, prima o poi, al pettine, perche’ la questione vera non sta tanto nel differente approccio portato avanti dal governo greco o da quello degli altri Paesi europei (in testa la Germania), quanto in una moneta comune pensata male e realizzata peggio. Ritengo percio’ che il campo di analisi vada allargato, piuttosto che sull’attualita’, ai prodromi dell’introduzione della moneta unica, che di per se’ contenevano gia’ i germi delle difficolta’ in cui si dibatte l’eurozona e che possono tranquillamente essere descritti con una metafora.
Ancorare gli Stati europei ad un’unica moneta significa realizzare un grande treno, formato da tanti vagoni quanti sono i Paesi aderenti, che percorrono , tutti insieme, un percorso comune. E’ chiaro che un treno puo’ viaggiare bene solo se i vagoni di cui e’ formato (vale a dire le economie dei singoli Stati) sono il piu’ possibile omogenei: se infatti questi presentano differenze eclatanti (in fatto di velocita’, di potenza, di resistenza), e’ evidente anche ad un bambino che il convoglio e’ destinato, alla prima curva, a sbandare.
La domanda sorge spontanea: come e’ possibile che i governanti del vecchio continente abbiano potuto immaginare che gli Stati europei con le economie e gli apparati produttivi piu’ deboli (cioe’ i ” vagoni di coda”) riuscissero a tenere il passo della locomotiva tedesca, lanciata ad alta velocita’ ? E’ infatti chiaro a tutti che se il vagone tedesco va a 200 all’ora e tira il convoglio, i vagoni che vanno a 50 all’ora non possono reggere quel ritmo! Forse, quando la corsa e’ nel piano, il convoglio riesce ancora a stare unito, ma quando si affronta un tornante ( una crisi economica) , e’ evidente che il treno sbanda. Cosi’ succede a questo ..euroconvoglio sciagurato, che dall’inizio e’ stato costruito male; che ha voluto accomunare cio’ che accomunabile non e’ ; che sottrae sovranita’ agli Stati, ingabbiandoli in una stessa politica monetaria, quando le esigenze sono diversissime; che ha imposto concambi sbagliati (in Italia si poteva pensare ad un cambio a 1400, 1500 lire per euro); che ha imposto a presidio della moneta unica una Banca centrale a cui non si sono dati poteri di prestatore di ultima istanza e che per statuto deve contrastare prima l’inflazione che la disoccupazione (una vera iattura in un momento in cui bisognerebbe iniettare liquidita’ e non restringerla!)
Insomma, per farla breve, la costruzione dell’euro e’ stata un AUTENTICO DISASTRO, che ha arrecato benefici solo ai Paesi forti (quelli che stanno in testa al convoglio), ma che ha prodotto danni inenarrabili a tutti gli altri. Danni che naturalmente non si sono limitati alle economie, ma che hanno tracimato, invadendo il campo della politica e addirittura della stessa sovranita’ nazionale.
Come definire altrimenti se non con la parola “golpe” quello che accadde nell’estate del 2011, quando si gettarono le basi dell’estromissione del governo Berlusconi ( “colpevole”, agli occhi dei governanti tedeschi e francesi, sia di non voler traslare nel fondo salvastati i crediti delle banche tedesche e francesi esposte proprio con la Grecia, sia di non aumentare la quota a carico dell’Italia)? E’ noto a tutti che la Bundesbank , per rappresaglia verso il nostro governo, inizio’ a disfarsi di titoli del debito pubblico italiano, innescando conseguentemente i timori delle banche d’affari americane e determinando alla fine l’ampliamento dello spread. Berlusconi cadde e al suo posto arrivarono le ” misure impressionanti” di Monti e Fornero, l’Italia ridotta allo stremo e da allora zerbino della Germania ” uber alles”. Ma tutto questo, come si e’ cercato di spiegare, era implicito all’atto della creazione dell’euro. Un disastro annunciato, appunto.